lunedì 29 ottobre 2018

La storia del cerino - Cleonice Parisi

Un Cerino triste e rassegnato, si era messo in disparte su un lato della scatola e una Candela dispiaciuta, incominciò a parlargli:
"La conosci la storia del Cerino?", esclamò la Candela.
"No!", rispose il Cerino.
"Caro Cerino, non sai quanto sei importante!".
"Parli bene tu!", disse con voce rammaricata il Cerino. "Sei una Candela, ti accendesti tempo fa e la tua fiamma ancora brucia nel consumarti lentamente. 
Io sono un Cerino, mi accenderò per poi spegnermi rapidamente, in meno di un istante".
"Cerino c'è verità in quel che dici, ma credimi non conta quanto sia lunga un'esistenza, ma è importante la realizzazione della sua essenza".
Il Cerino ci rifletté su e poi aggiunse: "Tu credi che valga sempre e comunque la pena vivere? Seppur consapevole di nascere per poi morire, di accendersi per poi finire?".
"Ascolta prima la Storia, figlio mio!".
C'era un volta una Candela, accesa nel buio della notte, essa era una faro per tutti i viandanti del mondo, chiunque poteva scorgerla anche dai luoghi più remoti, quella luce calda e confortante li carezzava ed era davvero tanto ma tanto importante.
Una notte come tante, i viandanti ebbero però un amara sorpresa, la luce della Candela si spense. 
Del resto era un Candela non poteva durare in eterno, avrebbero dovuto prevederlo, ed invece nel restare completamente al buio, panico e sconforto avvolsero l'animo di ogni viandante.
Passarono alcuni istanti che parvero lunghi come secoli, ed improvvisamente qualcuno s'ingegnò, chi ricordò che in soffitta aveva conservata una vecchia candela, chi trovò una torcia, chi un lumino, e ci fu persino chi scoprì nella propria casa un camino, ma ahimè era tutto inutile senza un Cerino.
E fu così che nell'affanno di risolvere il danno, qualcuno in tasca trovò un Cerino.
La tristezza avvolse l'animo di quel poverino, conosceva bene la durata di un Cerino, ma la vita del mondo era in declino e allora lo usò per accendere un camino.
Da quel camino ogni candela trovò fiamma, ogni cero luce, ogni lume scintilla.
E nel giro di qualche secondo, scanditi come secoli dal mondo la luce si riaccese a tutto tondo, e grazie a quel Cerino il mondo venne salvato dal declino.

"Che storia incantevole Candela, e come si chiamava quel Cerino?".
"Ma come? Quel Cerino lo conosci anche tu, si chiamava Gesù!".
Il Cerino sorrise di una Luce interiore che lo fece accendere con tanto amore e quella sua breve esistenza la trascorse nel dare realizzazione alla sua essenza.

- Cleonice Parisi -


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 23 ottobre 2018

da "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità" - Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro

"La Chiesa di Cristo è la Chiesa dei poveri perchè solo dei poveri è il Regno dei Cieli" urla don Chichì . 
E don Camillo di rimando: 
"La povertà è una disgrazia, non un merito. Non basta essere poveri per essere giusti. E non è vero che i poveri abbiano solo diritti e i ricchi solo doveri: davanti a Dio tutti gli uomini hanno solo doveri.".
Ma questo don Chichì non riesce a capirlo, perchè ha fatto di Nostro Signore un Che Guevara venuto a portare la redenzione del proletariato.
In virtù di tale insegnamento, i suoi allievi sono finiti nelle sedi del Partito Comunista o trasmigrati nel brigatismo rosso. Salvo rendersi conto che la povertà predicata dal progressismo cattolico, una volta divenuta mero orizzonte terreno, si trasforma in pauperismo, l'ennesimo inganno ideologico.
Da qui la scelta edonistica dei centri commerciali. A tanto hanno portato decine di omelie in cui la lotta al consumismo ha preso il posto dell'annuncio di Gesù. 
La gente non è stupida: se le viene proposta l'alternativa tra la ricchezza e la povertà in una visione meramente terrena, che cosa dovrebbe scegliere? 

Per capirlo non serve aver studiato san Tommaso, basta aver visto almeno una puntata di " Quelli della notte", in cui Max Catalano spiegava che "è preferibile essere discretamente ricchi piuttosto che molto poveri".
E oggi ci ritroviamo con pezzi da novanta della Chiesa cattolica che vanno in tv da Fazio e spiegano che questa società potrà riscattarsi solo "rimettendo al centro l'uomo". 

Come se il problema non fosse proprio questo.

Alessandro Gnocchi- Mario Palmaro 
in "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità"


Buona giornata a tutti. :)






giovedì 18 ottobre 2018

La leggenda dell'usignolo

In un'isola lontana di un paese del Sol Levante regnava un superbo imperatore. Era un sovrano molto vanitoso, che amava circondarsi di cose stupende e perciò tutto nel suo regno era incantevole. Anche sua figlia era bellissima ed egli l'aveva chiamata Splendore del Giorno. L'imperatore sceglieva per lei i vestiti più sontuosi, pretendeva che si ornasse con gemme e diademi preziosi e che il suo trucco fosse perfetto. Non l'abbracciava mai; la guardava solo per assicurarsi che la sua bellezza e il suo abbigliamento fossero sempre degni di una regina.
Ma Splendore del Giorno si sentiva oppressa da tutte queste ricchezze, priva di affetto e schiava della vanità del padre. Trascorreva il suo tempo passeggiando lungo i viali più reconditi dell'immenso giardino per nascondere agli altri le sue lacrime. Ella sognava d'essere povera, ma libera e amata.
Un mattino, in cui si sentiva più triste del solito, la principessa si rivolse al Buddha di giada del suo palazzo, con questa preghiera:

- O dio della saggezza, aiutami a fuggire da questa prigione. Dammi la possibilità di andar via col vento profumato sui prati fioriti e di volare con gli uccelli nel cielo turchino.
Buddha indossò allora una veste di luce e così rispose alla giovane:

- Ti offro cento lune per ubriacarti di libertà. Ogni sera, all'ultimo rintocco della mezzanotte, ti trasformerai in un uccello. Ma non appena il sole sorgerà, tu tornerai ad essere quella che sei, la principessa Splendore del Giorno.
Sappi però che l'incantesimo durerà fino al termine delle cento lune.

- Sono pronta ad assumermi tutti i rischi - affermò la giovane.

Buddha mantenne la sua promessa e quella stessa notte, al dodicesimo tocco della mezzanotte, Splendore del Giorno fu trasformata in un uccello. Finalmente poteva allontanarsi dalla sua prigione dorata!
Volò in alto, ancora più in alto finché la sua casa non divenne che un punto luminoso e lontano. Piena di felicità, Splendore del Giorno si mise a cantare e il suo canto melodioso si propagò per la campagna addormentata come un inno di gioia. All'alba l'incantesimo cessò e, riprese le sue sembianze, la principessa tornò al palazzo reale.
Ben presto però l'imperatore venne a sapere che, quando scendeva la notte e la luna brillava sul mare, un uccello cantava in modo così melodioso che certamente doveva trattarsi di un essere divino. Che tipo di uccello era quello che egli ancora non possedeva? Subito ordinò ai suoi soldati di catturarlo.
Passò un mese, ma i samurai non riuscirono a prendere lo straordinario esemplare. Infatti Splendore del Giorno riusciva abilmente a sfuggire a tutte le trappole che le venivano tese. Fu così che il superbo imperatore, beffato dall'uccello sconosciuto, si ammalò. Perse l'appetito e il sonno, deperì ogni giorno di più e alla fine dovette mettersi a letto.

Splendore del Giorno, preoccupata per la sorte del padre, pregò di nuovo Buddha:

- O dio della saggezza, sono pronta a sacrificare la mia libertà in cambio della vita di mio padre. Ti supplico, rompi l'incantesimo e guariscilo dal suo folle male.
- Non è in mio potere salvare tuo padre dalla sua stupida ambizione. Tuttavia accolgo la tua richiesta di rompere l'incantesimo, anche se le cento lune non sono ancora trascorse. Può darsi che in questo modo tuo padre ritrovi il piacere di vivere e che questa prova possa averlo reso più umile.

Da allora Splendore del Giorno circondò il padre di amore e di premure e, per aiutarlo a guarire, chiamò al suo capezzale i più famosi dottori che gli prodigarono cure d'ogni genere. Malgrado ciò il sovrano, sognando l'uccello divino, si consumò lentamente fino a morire.
Splendore del Giorno aprì ai sudditi più poveri del regno le porte del suo palazzo e mise a disposizione di tutti, contadini e pescatori, le immense ricchezze che suo padre, con orgoglio e vanità, aveva accumulato.
Adorata dalla sua gente, che la venerò come una dea, la principessa visse felice e finalmente libera.
Il dio Buddha, per ripagarla di tanta generosità, popolò la sua isola di uccelli divini, a cui Splendore del Giorno diede il nome di usignoli.

Da quel momento, e sono passati ormai tanti secoli, quando la luna emana i suoi ultimi chiarori e il sole comincia a tingere di rosa il cielo, l'usignolo canta: il suo canto melodioso è un inno alla libertà dell'uomo.

Leggenda giapponese


Buona giornata a tutti. :)