Quando partii per il deserto avevo lasciato
tutto com'è l'invito di Gesù: situazione, famiglia, denaro, casa.
Tutto avevo
lasciato meno... le mie idee che avevo su Dio e tenevo ben strette riassunte in
qualche grosso libro di teologia che avevo trascinato con me laggiù.
E là sulla sabbia continuavo a leggerle, a
rileggerle, come se Dio fosse contenuto in un'idea e avendo belle idee su di
Lui potessi comunicare con Lui.
Il mio maestro di noviziato continuava a
dirmi: "Fratel Carlo, lascia stare quei libri.
Mettiti povero e nudo
davanti all'Eucarestia.
Svuotati, disintellettualizzati, cerca di
amare...contempla...". Ma io non capivo un bel nulla di ciò che volesse
dirmi. Restavo ben ancorato alle mie idee.
Per farmi capire, per aiutarmi nello
svuotamento mi mandava a lavorare. Mamma mia! Lavorare nell'oasi con un caldo
infernale non è facile! Mi sentivo distrutto. Quando tornavo in fraternità non
ne potevo più.
Mi buttavo sulla stuoia nella cappella
davanti al Sacramento con la schiena spezzata e la testa che mi faceva male.
Le
idee si volatilizzavano come uccelli fuggiti dalla gabbia aperta. Non sapevo
più come cominciare a pregare.
Arido, vuoto, sfinito: dalla bocca usciva solo
qualche lamento.
L'unica cosa positiva che provavo e che
cominciavo a capire era la solidarietà con i poveri, i veri poveri.
Mi sentivo
con chi era alla catena di montaggio o schiacciato dal peso del giogo
quotidiano.
Pensavo alla preghiera di mia madre con cinque figli tra i piedi e
ai contadini obbligati a lavorare dodici ore al giorno d'estate.
Se per pregare era necessario un po' di
riposo, quei poveri non avrebbero mai potuto pregare.
La preghiera, quindi,
quella preghiera che avevo con abbondanza praticato fino ad allora, era la
preghiera dei ricchi, della gente comoda e ben pasciuta, che è padrona del suo
tempo, che può disporre del suo orario.
Non capivo più niente, o meglio, incominciavo
a capire le cose vere. Piangevo!
E fu proprio in quello stato di autentica
povertà che io dovevo fare la scoperta più importante della mia vita di
preghiera.
Volete conoscerla?
La preghiera passa per il cuore, non per la testa.
Sentii come se una vena si aprisse nel cuore
e per la prima volta sperimentai una dimensione nuova dell'unione con Dio. Che
avventura straordinaria mi stava capitando. Non dimenticherò mai quell'istante.
Ero come un'oliva schiacciata dal torchio. Al di là della
"sofferenza", che dolcezza indicibile mi inondava tutta la realtà in
cui vivevo.
La pace era totale. Il dolore accettato per
amore era come una porta che mi aveva fatto transitare al di là delle cose. Ho
intuito la stabilità di Dio.
Ho sempre pensato, dopo di allora, che quella
era la preghiera contemplativa.
- Carlo Carretto -
Deserto in città
Buona giornata a tutti. :-)