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giovedì 8 agosto 2019

La bontà cambia i cuori – don Bruno Ferrero

Un vecchietto che da molto tempo si era allontanato dalla Chiesa, un giorno andò dal parroco. Sperava di essere aiutato finalmente a risolvere i suoi problemi di fede. Quando entrò nella canonica, c'era già una persona a parlare con lui. Il sacerdote intravide il vecchietto in piedi in corridoio, e subito, uscì a portargli una sedia.
Quando l'altro si congedò, il parroco fece entrare il vecchio signore.
Conosciuto il problema, gli parlò a lungo e dopo un fitto dialogo, l'anziano, soddisfatto, disse che sarebbe tornato alla Chiesa. Il parroco, contento, ma anche un po' meravigliato, gli chiese: «Senta, mi dica, di tutto il nostro incontro, qual è l'argomento che più l'ha convinta a tornare a Dio?»
«Il fatto che sia uscito a portarmi una sedia», rispose il vecchietto.

(don Bruno Ferrero)

Fonte: C'è qualcuno lassù di Bruno Ferrero



Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 24 novembre 2018

Rassomiglianze – don Bruno Ferrero


Una suora missionaria stava accuratamente curando le piaghe ripugnanti di un lebbroso. Faceva il suo lavoro sorridendo e chiacchierando con il malato, come fosse la cosa più naturale del mondo. A un certo punto chiese al malato:

«Tu credi in Dio?».
Il pover'uomo la fissò a lungo e poi rispose:
«Sì, adesso credo in Dio».
Un missionario viaggiava su un veloce treno giapponese e occupava il tempo pregando con il breviario aperto. 
Uno scossone fece scivolare sul pavimento una immaginetta della Madonna.
Un bambino seduto di fronte al missionario si chinò e raccolse l'immagine.
Curioso come tutti i bambini, prima di restituirla la guardò.
«Chi è questa bella signora?», chiese al missionario.
«E'... mia madre» rispose il sacerdote, dopo un attimo di esitazione.
Il bambino lo guardò, poi riguardò l'immagine.
«Non le assomigli tanto», disse.
Il missionario sorrise: «Eppure, ti assicuro che è tutta la vita che cerco di assomigliarle, almeno un po'».
Tu, a chi assomigli?   

- don Bruno Ferrero -
Fonte : Cerchi nell'acqua di Bruno Ferrero, Elledicì editore


Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 17 settembre 2018

La Leggenda del pianista sull'oceano, monologo finale

"Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine… la fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.
Non è quello che vidi che mi fermò, Max… è quello che non vidi. 

Puoi capirlo. Quello che non vidi… in tutta quella sterminata città c’era tutto, tranne la fine. C’era tutto! Ma non c’era una fine. 
Quello che non vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo.
Tu pensa ad un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. 

Ma tu lo sai che sono ottantotto, e su questo nessuno può fregarti. Ma non sono infiniti loro: tu sei infinito; e dentro a quegli ottantotto tasti la musica che puoi fare è infinita. E questo a me piace, in questo posso vivere. 
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai – e questa è la verità: che non finiscono mai – quella tastiera è infinita. 
Ma se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?! Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi altri laggiù a sceglierne una? 

A scegliere una donna? Una casa? Una terra che sia la vostra? Un paesaggio da guardare? Un modo di morire?
Tutto quel mondo addosso, che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è, ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla quella enormità? Solo a pensarla, a viverla! Io ci sono nato su questa nave. 
E vedi anche qui il mondo passava, ma a non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo.
La terra è una nave troppo grande per me. 
È una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave. 
Al massimo posso scendere dalla mia vita. 
In fin dei conti è come se non fossi mai nato. Sei tu l’eccezione, Max. Solo tu sai che sono qui. E sei una minoranza, non ti resta che adeguarti. 
Perdonami, amico mio, ma io non scenderò".

Tratto dal film: "La leggenda del pianista sull'oceano"
film italiano del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe Tornatore


Buona giornata a tutti. :)




mercoledì 22 agosto 2018

Per la strada vidi una ragazzina - Padre Anthony de Mello

Per la strada vidi una ragazzina che tremava di freddo, aveva un vestitino leggero e ben poca speranza in un pasto decente.
Mi arrabbiai e dissi a Dio:
"Perché permetti questo?
Perché non fai qualcosa?".
Per un po' Dio non disse niente.
Poi improvvisamente, quella notte rispose.
"Certo che ho fatto qualcosa:
Ho fatto Te."

- Padre Anthony de Mello - 


Buona giornata a tutti. :-)


lunedì 20 agosto 2018

Alla festa della Creazione - don Bruno Ferrero

Il settimo giorno, terminata la Creazione, Dio dichiarò che era la sua festa. Tutte le creature, nuove di zecca, si diedero da fare per regalare a Dio la cosa più bella che potessero trovare.
Gli scoiattoli portarono noci e nocciole; i conigli carote e radici dolci; le pecore lana soffice e calda; le mucche latte schiumoso e ricco di panna.
Miliardi di angeli si disposero in cerchio, cantando una serenata celestiale.
L'uomo aspettava il suo turno, ed era preoccupato. "Che cosa posso donare io? I fiori hanno il profumo, le api il miele, perfino gli elefanti si sono offerti di fare la doccia a Dio con le loro proboscidi per rinfrescarlo".
L'uomo si era messo in fondo alla fila e continuava a scervellarsi. Tutte le creature sfilavano davanti a Dio e depositavano i loro regali.
Quando rimasero solo più alcune creature davanti a lui, la chiocciola, la tartaruga e il bradipo poltrone, l'uomo fu preso dal panico.
Arrivò il suo turno.
Allora l'uomo fece ciò che nessun animale aveva osato fare. Corse verso Dio e saltò sulle sue ginocchia, lo abbracciò e gli disse: "Ti voglio bene!".
Il volto di Dio si illuminò, tutta la creazione capì che l'uomo aveva fatto a Dio il dono più bello ed esplose in un alleluia cosmico.
"Per qual fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra, in Paradiso" (Catechismo di Pio X).

Lascia che ti ami, mio Dio.
Che cosa ho in cielo,
che cosa ho in terra, all'infuori di te?
Tu, Dio del mio cuore
e mia parte nell'eternità,
lascia che mi aggrappi a te.
Sii sempre con me,
e se sarò tentato di lasciarti,
tu, mio Dio, non mi lasciare.

(don Bruno Ferrero)
Solo il Vento lo sa di don Bruno Ferrero, Editrice ElleDiCi


Buona giornata a tutti. :-)



martedì 14 agosto 2018

Il Girasole – don Bruno Ferrero


In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno una erbaccia e non gli rivolgevano la parola.
Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali.

Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un salo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.

Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto, e anche con un po' d'invidia.
«Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.

La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante.
Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole.
Così non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. «Si è innamorato del sole», cominciarono a propagare ai quattro venti.
«Lo spilungone è innamorato del sole», dicevano ridacchiando i tulipani. «Ooooh, com'è romantico!», sussurravano pudicamente le viole mammole.

La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo.
Così i garofani gli misero nome «girasole».
Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato.

Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: «Mi chiamo Girasole».
Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole.

«Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te», gridarono le bocche di leone per farsi sentire.
«Amici», rispose il girasole, «sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'. 
Che ci volete fare? il sole è la mia vita e io vivo per lui...».

Come tutti i buoni, il girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per «l'innamorato del sole».



- Don Bruno Ferrero -
Fonte:  Tutte Storie, ed. Elledici


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 11 agosto 2018

La pozzanghera - don Bruno Ferrero

C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole.
"E' la morte delle pozzanghere", pensava rabbrividendo.
Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei.
"Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!".
"Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta.
Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste.
Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole.
Il buon poeta volle farle passare quella paura. 
Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere.
La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo.
Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica.
La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole.
La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

Un pezzo di carbone si sentiva sporco, brutto e inutile. Decise di diventare bianco e levigato. Provò diversi prodotti chimici e varie operazioni chirurgiche. Niente da fare.
"C'è soltanto il fuoco", gli dissero.
Il pezzo di carbone si buttò nel fuoco. Divenne una creatura luminosa, splendente, calda, irradiante, magnifica.
"Ti stai consumando", gli dissero.
"Ma dono luce e calore", rispose il pezzo di carbone, finalmente felice.

Lasciati prendere dal sole e dal fuoco dello Spirito. 
Splenderai come un astro del cielo sulle rotte dell'infinito.


- Don Bruno Ferrero -
“Il segreto dei pesci rossi”, ed. Elledici


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 17 luglio 2018

Gli abeti - don Bruno Ferrero

Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno. 
"Urrà!" gridarono i semi all'unisono. "Il momento è venuto!" 
Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l'essere in tanti provocava qualche difficoltà. 
"Fatti un po' più in là, per favore!". 
"Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!". 
E così via. Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare. 
Tutti meno uno. 
Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: "Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l'un con l'altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!". 
Con l'aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna. 
Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna. 
Anche se i problemi non mancavano. 
"Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi". 
"Mi rubi il sole! Fatti più in là…". 
"La smetti di scompigliarmi la chioma?". 
L'abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava. 
Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibillando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finché devastante sulla montagna si abbattè la bufera. Gli abeti nel bosco si strinsero l'un l'altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda. 
Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi. 
Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna. 

Dio non ha creato "io". Ha creato "noi".


- don Bruno Ferrero -
Dal libro "C'è ancora qualcuno che danza" di Bruno Ferrero


Buona giornata a tutti. :-)

domenica 15 luglio 2018

Ogni mattina, appena ti alzi da letto ricordati di rivolgere un pensiero alla vita - Omar Faltworth

Ogni mattina, appena ti alzi da letto ricordati di rivolgere un pensiero alla vita e alla grande fortuna che hai di esistere affinché esso ti accompagni durante la giornata ampliandoti le gioie e riducendo i dispiaceri.
Ogni mattina, mentre ti vesti ricordati di rivolgere un pensiero al mondo e all'immensa bellezza di cui ti fa dono affinché tu possa riempirti gli occhi del bello che c'è in ogni cosa che vedi.
Ogni mattina, mentre ti bagni il viso ricordati di rivolgere un pensiero all'amore affinché colori d'arcobaleno la tua mente e ti spinga a donare il meglio di te agli altri.
Ogni mattina, mentre bevi il tuo caffè ricordati di rivolgere un pensiero alla morte affinché ti faccia apprezzare ogni istante del giorno e ti sproni ad agire per favorire la vita
Se sai vivere bene un solo giorno riuscirai a vivere bene tutta la vita.
Ricordati che oggi incontrerai uno stolto che metterà a dura prova la tua bontà e la tua pazienza, un maldicente che sparlerà di te, un furbo che cercherà di usarti, un presuntuoso che pretenderà di aver ragione ad ogni costo, un prepotente che cercherà di sopraffarti, un iracondo che ti trasmetterà rabbia.
Ma tu non ti lascerai turbare più di tanto, perché sarai in compagnia di un moderato che frenerà le tue reazioni, un buono che tramuterà in bene tutto il male che riceverai, un saggio che ti guiderà sulla retta via e ti farà prendere delle buone decisioni, ovvero sarai in compagnia di te stesso.


- Omar Falworth -


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 26 giugno 2018

L’ Eternità – Don Bruno Ferrero

C'era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla. 
Una sola inquietudine lo tormentava. 
Aveva paura dell'eternità. 
Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci. 
Un conto è farlo per un po' di tempo. Ma per l'eternità! Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d'anni chissà che noia...

Un giorno di primavera, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero. 
L'aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori.
Il monaco sospirò pensando al suo problema. 
Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare. Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo. Non aveva mai sentito niente di più bello. Per un istante ascoltò estasiato.

Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò. Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva. Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto. "Che cosa desidera?" gli chiese il portinaio.
Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo. L'altro non capiva. Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l'abate. Ma anche l'abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura. 
Balbettando un po', spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l'ufficio pomeridiano. 
L'abate lo ascoltava in silenzio.
"Cento anni fa", disse alla fine, "un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest'ora, è uscito dal monastero. Non è più ritornato e nessuno l'ha più rivisto".
Allora il monaco capì che Dio l'aveva esaudito. Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d'estasi in cui l'aveva rapito il canto dell'usignolo, l'eternità non era che un istante nell'estasi in Dio.

Un profeta importunava Dio continuamente: "Perché non fai questo? Perché non sistemi quello? Vuoi che le cose continuino così? Avanti intervieni! Presto, non tardare! Che sarà del mondo se va avanti di questo passo?".
Finalmente Dio gli parlò.
"Perché te la prendi tanto?" gli disse: 
"Lascia passare questi trentacinquemila anni e poi vedremo...".

Il tempo di Dio non è il tempo degli uomini.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte: Il segreto dei pesci rossi


Buona giornata a tutti. :-)




lunedì 18 giugno 2018

A coloro che si sentono falliti - don Tonino Bello

Questa lettera la scrivo un po' anche a me. Sono convinto, infatti, che tutti nella vita ci siamo portati dentro un sogno, che poi all'alba abbiamo visto svanire...
Io, per esempio, mi figuravo una splendida carriera. 
Volevo diventare santo. Cullavo l'idea di passare l'esistenza tra i poveri in terre lontane, aiutando la gente a vivere meglio, annunciando il Vangelo senza sconti, e testimoniando coraggiosamente il Signore Risorto. 
Ora capisco che in questo sogno eroico forse c'entrava più l'amore verso me stesso che l'amore verso Gesù. 
Comprendo, insomma, che in quegli slanci lontani della mia giovinezza la voglia di emergere prevaleva sul bisogno di lasciarmi sommergere dalla tenerezza di Dio.
E' il difetto di quasi tutti i sogni irrealizzati: quello di partire con un certo tasso di orgoglio. E il mio non ne era indenne. 
Ciò non toglie, però, ritrovandomi oggi in fatto di santità neppure ai livelli del mezzobusto, mi senta nell'anima una grande amarezza. 
I destinatari, comunque, di questa lettera non sono coloro che, come me, sperimentano le delusioni dei sogni e il pianterreno prosaico delle piccole conquiste. Ma sono tutti quelli che non ce l'hanno fatta a raggiungere neppure gli standard sui quali "normalmente" scorre una esistenza che voglia dirsi realizzata.
Amerigo, per esempio, che ha faticato tanto per laurearsi in medicina e, immediatamente dopo la specializzazione, ha dovuto accantonare ogni progetto di "brillante carriera" per un distacco irreversibile della retina.
Ugo, ragazzo prodigio fino alla maturità classica che si è insabbiato nelle secche degli esami universitari, e non è più riuscito a districarsene. 
Oggi ha quarant'anni, e sua moglie, ad ogni lite, gli rinfaccia il fallimento di essersi ridotto a fare il fattorino presso lo studio di un avvocato.
Marcella, a cui tutti profetizzavano un futuro carico di successi, e che dopo i corsi di perfezionamento in pianoforte all'Accademia Chigiana di Siena ha avuto decine di occasioni per affermarsi. Ha rifiutato tanti partiti, uno meglio dell'altro. Alla fine si è messa con un uomo divorziato che è fallito, e ha dovuto vendersi il pianoforte a coda che le aveva comprato suo padre.
Lucia che straripava di entusiasmo, e voleva diventare missionaria. In primavera sfogliava le margherite per leggervi presagi di felicità, ma poi non è partita perché i suoi l'hanno ostacolata. Ora margherite non ne sfoglia più, ed è finita a fare la commessa in un negozio di articoli da regalo.
Ecco, a tutti voi che avete la bocca amara per le disillusioni della vita voglio rivolgermi, non per darvi conforto col balsamo delle buone parole, ma per farvi prendere coscienza di quanto siete omogenei alla storia della salvezza. 
A voi che, cammin facendo, avete visto sfiorire a uno a uno gli ideali accarezzati in gioventù. 
A voi che avete meritato ben altro, ma non avete avuto fortuna, e siete rimasti al palo. 
A voi che non avete trovato mai spazio, e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti. 
A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, o uno svincolo delicato dell'esistenza, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell'amarezza. 
A voi che il confronto con la sorte felice toccata a tanti compagni di viaggio rende più mesti, pur senza ombra di invidia.
A tutti voi voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!
La riuscita di una esistenza non si calcola con i fixing di Borsa. E i successi che contano non si misurano con l'applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle.
Da quando l'Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sui naufragi in cui annegano i sogni. Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla Croce, nella simbologia dell'impotenza, che non con le mani stese sui malati, nell'atto del prodigio, vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno, che se n'è volata via senza realizzarsi, a dare ai ruderi della nostra vita, come per certe statue monche dell'antichità, il pregio della riuscita.
Non voglio sommergervi di consolazioni. Voglio solo immergervi nel mistero. Nella cui ottica una volta entrati, vi accorgerete che gli stralci inespressi della vostra esistenza concepita alla grande, le schegge amputate dei vostri progetti iniziali, le inversioni di marcia sulle vostre carreggiate mai divenute carriere, non soltanto inutili, ma costituiscono il fondo di quella Cassa deposito e prestiti che alimenta ancora oggi l'economia della salvezza.
A nome di tutti coloro che ne beneficiano vi dico grazie!

Vostro don Tonino Bello


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 16 giugno 2018

Il cucchiaino - don Bruno Ferrero

Una vecchietta serena, sul letto d'ospedale, parlava con il parroco che era venuto a visitarla.
"Il Signore mi ha donato una vita bellissima. Sono pronta a partire".

"Lo so" mormorò il parroco.
"C'è una cosa che desidero. Quando mi seppelliranno voglio avere un cucchiaino in mano".
"Un cucchiaino?". Il buon parroco si mostrò autenticamente sorpreso. "Perché vuoi essere sepolta con un cucchiaino in mano?".
"Mi è sempre piaciuto partecipare ai pranzi e alla cene delle feste in parrocchia. Quando arrivavo al mio posto guardavo subito se c'era il cucchiaino vicino al piatto. Sa che cosa voleva dire? Che alla fine sarebbero arrivati il dolce o il gelato".
"E allora?".
"Significava che il meglio arrivava alla fine! E proprio questo che voglio dire al mio funerale. Quando passeranno vicino alla mia bara si chiederanno: Perché quel cucchiaino?. Voglio che lei risponda che io ho il cucchiaino perché sta arrivando il meglio".

Un medico era assillato da un paziente che aveva una gran paura di morire.
"Come sarà quel momento, dottore? Che mi succederà?".
Il dottore apri la porta della stanza per andarsene e il cagnolino del malato entrò di gran carriera. Abbaiando e scodinzolando di gioia, saltò sul letto e sommerse mani e volto del padrone di leccatine affettuose.
Il dottore disse: "Sarà proprio così. Qualcuno aprirà la porta e...

(don Bruno Ferrero)
fonte: Il Segreto dei Pesci Rossi di Bruno Ferrero
Casa Editrice: ElleDiCi


Buona giornata a tutti. :-)