Le mie preghiere-my prayers. Preghiere, racconti, riflessioni tramandateci dalla nostra storia. Un tesoro di cui non bisogna vergognarsi ma attingere a piene mani.
tratto da libro: Leggende Cristiane Storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini a cura di Roberta Bellinzaghi 2004 - Edizioni Piemme S.p.A
Arroccata sulla cima del monte Pirchiriano, l’abbazia di San Michele della Chiusa nella Val di Susa a Torino è un maestoso e antichissimo complesso religioso dedicato al culto dell’arcangelo Michele, che ha rappresentato una tappa importante nella rete di pellegrinaggi che univa i centri di culto michaelici dall’Irlanda a Gerusalemme, passando da Mont Saint-Michel in Normandia e Monte Sant’Angelo nel Gargano.
La decorazione del pilastro di centro del Coro Vecchio presenta nella parte superiore la deposizione di Gesù e nella parte inferiore la scena nota come “predica della morte” o “predica dei morti”, una variante dell’iconografia dell’incontro tra vivi e morti che ha analogie sia con l’incontro dei tre vivi e dei tre morti che con il tema della Danse macabre.
Nella scena, infatti, due scheletri, uno in piedi e l’altro disteso nel sepolcro e con un serpente che gli avvolge una gamba, parlano ad un gruppo di fedeli (un papa, un re, una regina, un cardinale, un vescovo, nobili e poveri, ecclesiastici e laici) attraverso due cartigli, uno in latino, che invita alla pietà per i defunti e recita: «Miseremini mei miseremini mei saltem · vos amici mei quia manus Domini tetigit me» (Pietà di me, pietà di me almeno voi amici miei, perché la mano del Signore mi ha toccato) e uno in francese non del tutto corretto che esorta i viventi a pregare per i trapassati e a ricordare il comune destino mortale: «O vous qui pour ici passe prie Dieu pour les trapasse, car leur donne comme vos avoint ete et leur comme nous sare» (‘O voi che passate di qua, pregate Dio di perdonare i trapassati come voi siete stati perdonati e come noi saremo perdonati’; cfr. Piccat 2011, p. 166).
Il tempo ci viene tolto o sottratto, quasi a nostra insaputa, oppure ci sfugge non si sa come.
E la cosa più indecorosa è perderlo per trascurata leggerezza.
Prova a pensarci: gran parte della vita ci scappa via mentre agiamo in modo sbagliato, la maggior parte mentre stiamo senza far niente, e l'intera esistenza trascorre in occupazioni inutili e che non ci riguardano veramente.
Trovami, se sei capace, uno che dia al tempo il giusto valore, che capisca quanto può essere importante una giornata, che si renda conto che noi moriamo un po' ogni giorno!
Perché questo è il punto: noi pensiamo alla morte come a qualcosa che sta davanti a noi, mentre in gran parte è già alle nostre spalle: tutta l'esistenza trascorsa è già in suo potere.
Voi vivete come se doveste vivere sempre, non pensate mai alla vostra fragilità, non volete considerare quanto del vostro tempo è già trascorso; buttate via il tempo come se lo attingeste da una fonte inesauribile.
Preso nel vortice degli affari e degli impegni ciascuno consuma la propria vita, sempre in ansia per quello che accadrà, e annoiato di ciò che ha.
Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani né lo teme.
Nessuno ti restituirà i tuoi anni, nessuno ti restituirà un'altra volta a te stesso; il tempo andrà per la via su cui si è incamminato, e non tornerà indietro, nè arresterà il suo percorso; non farà rumore, non ti avviserà della sua velocità: scivolerà via silenzioso.
Cerchiamo dunque che ogni momento ci appartenga: ma non sarà possibile, se, prima, non cominceremo noi ad appartenere a noi stessi.