Le parole del Vescovo hanno detto con chiarezza
perché siamo stati «ribelli», le parole dei docenti di storia dicono tutto il
limite di questa «memoria» e tutte le possibilità che essa apre per la
costituzione di una documentazione completa di quel periodo.
Le parole del Vescovo hanno detto con
chiarezza perché siamo stati «ribelli», le parole dei docenti di storia dicono
tutto il limite di questa «memoria» e tutte le possibilità che essa apre per la
costituzione di una documentazione completa di quel periodo.
Io vorrei sottolineare il valore formativo, educativo, di questa «memoria».
Scrive padre David Turoldo: «Oggi abbiamo giovani senza ricordi: giovani astorici. Generazioni rapinate del dono della
memoria; perciò incapaci, o almeno inadatte, a credere perfino in un loro
definito avvenire. Non sanno nulla del passato, nulla sanno del futuro. Così
rischiano d’essere alla mercè del cinismo o almeno dell’indifferenza...».
E don
Primo Mazzolari osserva:
«Quando capiremo i morti, allora finirà l’odio e
ogni divisione...».
Per scoprire il valore educativo di questa
«memoria» bisogna cercare di cogliere tutte queste pagine in un unico sguardo
d’insieme. Solo in una visione di sintesi questi episodi raggiungono pienamente
il loro significato, il loro valore, la loro capacità educativa.
Leggo nel giornale clandestino «il Ribelle» del 24
settembre ’44: «La verità che è luce dell’intelligenza, diviene fuoco nel cuore
che l’accoglie e la serve».
Proprio così: in quegli anni terribili la diocesi
ambrosiana appare come un immenso braciere, come un grande fuoco acceso, dove i
vari tizzoni ardono
e si consumano.
La brace ardente e viva è costituita dal lavoro
faticoso e nascosto compiuto per anni nella formazione delle coscienze. È così
negli oratori, nelle parrocchie, con una predicazione che dice evangelicamente
pane al pane e vino al vino, nei gruppi di Azione Cattolica, nei «raggi»... Con
questa pedagogia umile e nascosta si formano le coscienze, si educa alla
libertà, si aiuta il maturare di ogni persona.
Su questa brace ardente e viva si aggiungono i vari
tizzoni che il momento storico e le situazioni contingenti richiedono: preti
delle parrocchie di confine, che avvertono improvvisamente il significato
provvidenziale della loro presenza in quel paese, in quel giorno. Preti delle
città e delle campagne, che raccolgono e distribuiscono la stampa clandestina
per diffondere alcune idee allora proibite, che falsificano documenti per
reagire all’ingiustizia e affermare che anche l’ebreo è una persona umana.
Preti che sentono il dovere di seguire in montagna, nei nuclei partigiani, i
giovani del loro oratorio ed assicurare loro l’assistenza religiosa.
Sono tizzoni che giorno per giorno si aggiungono
sulla brace ardente, senza che uno sappia dell’altro, senza che uno lo dica
all’altro... Si aggiungono anche i gesti umili, banali, che nessuno ha
annotato, che nessuno saprà mai: una porta di canonica che si apre ed accoglie,
una parola detta, un’altra taciuta, un segreto mantenuto, un documento
consegnato, un soccorso prestato senza neppure sapere a chi...: gesti che nel
segreto di una coscienza sono stati atti di solidarietà ai fratelli. Ed hanno
richiesto coraggio, decisione, sacrificio.
Tutto entra nel grande fuoco e lo alimenta e si
consuma... Il fuoco arde, illumina, riscalda.
Quando il gelido vento del dubbio, della
stanchezza, sembra voler spegnere la fiamma dell’entusiasmo iniziale, questi
sacerdoti si aggrappano al loro Vescovo, ai loro Maestri, ai confratelli più
anziani.
Emergono così, nel vasto braciere della diocesi, le
meravigliose figure del cardinal Schuster, di monsignor Galimberti a Busto
Arsizio, di monsignor Simbardi a Gallarate, di monsignor Sonzini a Varese, di
monsignor Castiglioni a Vimercate, di don Ticozzi a Lecco, di monsignor Figini
e don Carlo Colombo a Venegono e a Milano, di don Mapelli a Sesto... ed altri,
altri ancora, che incoraggiano, sostengono, guidano, confortano...
Il fuoco
continua la sua testimonianza di luce e di calore.
Questo braciere non ha un nome, non ha una data,
non si spegne neppure con il sopraggiungere della Liberazione. Continua ad
ardere, perché altri hanno bisogno...
Solo così, leggendo in questa visione di sintesi i
singoli episodi, i fatti banali di ogni giorno e di ogni paese, si può intuire
il vero perché di questa «memoria».
- don Giovanni Barbareschi -
da: "Memoria di sacerdoti ribelli per amore
1943-1945" di don Giovanni Barbareschi, riedito dopo 32 anni dal Centro
ambrosiano a cura di Emanuele Locatelli, con una prefazione di Marco
Garzonio