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mercoledì 7 novembre 2018

Tutti uguali! - padre Anthony De Mello

Tutti uguali!

 "Tutti gli esseri umani sono ugualmente buoni o cattivi", disse il maestro, che non amava usare tali etichette.
"Come puoi mettere un santo allo stesso livello di un peccatore?" protestò un discepolo.
"Sono tutti e due alla stessa distanza dal sole. La distanza diminuisce davvero se vivi in cima a un grattacielo?".

- Anthony De Mello -


Buona giornata a tutti. :-)





martedì 23 ottobre 2018

da "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità" - Alessandro Gnocchi - Mario Palmaro

"La Chiesa di Cristo è la Chiesa dei poveri perchè solo dei poveri è il Regno dei Cieli" urla don Chichì . 
E don Camillo di rimando: 
"La povertà è una disgrazia, non un merito. Non basta essere poveri per essere giusti. E non è vero che i poveri abbiano solo diritti e i ricchi solo doveri: davanti a Dio tutti gli uomini hanno solo doveri.".
Ma questo don Chichì non riesce a capirlo, perchè ha fatto di Nostro Signore un Che Guevara venuto a portare la redenzione del proletariato.
In virtù di tale insegnamento, i suoi allievi sono finiti nelle sedi del Partito Comunista o trasmigrati nel brigatismo rosso. Salvo rendersi conto che la povertà predicata dal progressismo cattolico, una volta divenuta mero orizzonte terreno, si trasforma in pauperismo, l'ennesimo inganno ideologico.
Da qui la scelta edonistica dei centri commerciali. A tanto hanno portato decine di omelie in cui la lotta al consumismo ha preso il posto dell'annuncio di Gesù. 
La gente non è stupida: se le viene proposta l'alternativa tra la ricchezza e la povertà in una visione meramente terrena, che cosa dovrebbe scegliere? 

Per capirlo non serve aver studiato san Tommaso, basta aver visto almeno una puntata di " Quelli della notte", in cui Max Catalano spiegava che "è preferibile essere discretamente ricchi piuttosto che molto poveri".
E oggi ci ritroviamo con pezzi da novanta della Chiesa cattolica che vanno in tv da Fazio e spiegano che questa società potrà riscattarsi solo "rimettendo al centro l'uomo". 

Come se il problema non fosse proprio questo.

Alessandro Gnocchi- Mario Palmaro 
in "Cattivi maestri. Inchiesta sui nemici della verità"


Buona giornata a tutti. :)






mercoledì 10 ottobre 2018

Decalogo per trattare con un arrogante - Mons. Domenico Sigalini

1. Non ti sentire mai offeso, nessuno può entrare nel sacrario della tua coscienza.
2. Non perdere tempo a rendere pan per focaccia: peggiori tu e spingi l'altro a perseverare.
3. Non compatirlo, ma creagli attorno un contesto disarmante di amicizia.
4. Spesso è maleducazione incosciente la sua: aiutalo a scoprire i sentimenti tenui della vita.
5. Sappi che ogni uomo ha bisogno degli altri per essere felice, ma deve allargare il cuore per far loro spazio.
6. Si è fatto lui centro del mondo: aiutalo a scoprire il vero centro che è Dio.
7. Per valutarsi nella verità di se stesso, ha bisogno di lasciare il suo loculo, nel quale si sente papa, re e profeta.
8. Se comincia a chiedere scusa, anche tra i denti, non lo scoraggiare: è su una buona strada.
9. La buona educazione non è il politicamente corretto, ma il lasciarsi conquistare da un ideale.
10. Conquisti più arroganti con una goccia di miele che con un barile di aceto.

- Mons. Domenico Sigalini -
dal Messagero di Sant'Antonio, marzo 2009


Buona giornata a tutti :)










sabato 29 settembre 2018

Nuova coscienza - Tiziano Terzani


Sono convinto che ormai, in giro per il mondo, fra la gente più diversa, sta crescendo una nuova coscienza di che cosa è sbagliato e di che cosa va fatto. Questa nuova coscienza, a mio parere, è il grande bene del nostro tempo.
Va coltivata.
La soluzione è dentro di noi, si tratta di conquistarla facendo ordine, buttando via ciò che è inutile e arrivando al nocciolo di chi siamo.
Più che assaltare le cittadelle del potere, si tratta ormai di fare una lunga esistenza.
Bisogna resistere alle tentazioni del benessere, alla felicità impacchettata; bisogna rinunciare a volere solo ciò che ci fa piacere.
La strada da percorrere è ovvia: dobbiamo vivere più naturalmente, desiderare di meno, amare di più e anche i malanni diminuiranno.
Invece che cercare medicine per le malattie cerchiamo di vivere in maniera che le malattie non insorgano.
E soprattutto basta con le guerre, con le armi.
Basta coi nemici. Bisogna riportare una dimensione spirituale nelle nostre vite ora intrappolate nella pania della materia.
Dobbiamo essere meno egoisti, meno presi dall'interesse personale e più dedicati al bene comune.

- Tiziano Terzani - 


Buona giornata a tutti. :)



mercoledì 19 settembre 2018

Il piccolo re solitario - don Ferrero Bruno

Lontano, lontano da qui, in un mare dal nome strano, c'era una piccola isola, con le spiagge bianche e le colline verdi.
Sull'isola c'era un castello e nel castello viveva un piccolo re. Era un re abbastanza strano, perché non aveva sudditi. Nemmeno uno.
Ogni mattina il piccolo re, dopo aver sbadigliato ed essersi stiracchiato, si
lavava le orecchie e si spazzolava i denti; poi si calcava in testa la corona e
cominciava la sua giornata. Se splendeva il sole, il piccolo re correva sulla
spiaggia a fare sport. 
Era un grande sportivo. Deteneva infatti tutti i record
del regno: da quello dei cento metri di corsa sulla sabbia, al lancio della
pietra, a tutte le specialità di nuoto, eccetto lo sci acquatico, perché non
trovava nessuno che guidasse il reale motoscafo. E dopo ogni gara, il re si
premiava con la medaglia d'oro. Ne aveva ormai tre stanze piene.
Ogni volta che si appuntava la medaglia sul petto, si rispondeva con garbo:
"Grazie, maestà!".
Nel castello c'era una biblioteca, e gli scaffali erano pieni di libri. 
Al re
piacevano molto i fumetti d'avventure. Un po' meno le fiabe, perché nelle fiabe tutti i re avevano dei sudditi. "E io neanche uno!" si diceva il re. "Ma come dice il proverbio: è meglio essere soli che male accompagnati".
E quando faceva i compiti, si dava sempre dei bellissimi voti. "Con i
complimenti di sua maestà", si dichiarava.
Una sera, però, sentì un certo nonsoché che lo rendeva malinconico; camminò fino alla spiaggia, deciso a cercare qualche suddito, e pensava: "Se solo avessi cento sudditi".
Allora proseguì sulla spiaggia verso destra, ma la riva era completamente
deserta.
"Se solo avessi cinquanta sudditi", disse il re; tornò indietro e camminò sulla spiaggia verso sinistra fino a che poté, ma la riva era ugualmente deserta. Il re si sedette su uno scoglio ed era un po' triste; e di conseguenza non si accorse nemmeno che quella sera c'era un magnifico tramonto.
"Se solo avessi dieci sudditi, probabilmente sarei più felice".
Notò lontano sul mare alcuni pescatori sulle loro barche e si rallegrò.
"Sudditi", gridò il re; "sudditi, da questa parte, ecco il re, urrà!".
Ma i pescatori non lo sentirono, e tutto quel gridare rese rauco il re. Tornò a
casa e scivolò sotto la sua bella trapunta colorata; si addormentò e sognò un milione di sudditi che gridavano "urrà" nel momento in cui lo vedevano.
Non dormì a lungo. Un vociare forte e disordinato lo svegliò. Il piccolo re non aveva sudditi, ma aveva dei nemici accaniti. Erano i pirati del terribile
Barbarossa.
Sembravano sbucare dall'orizzonte, con la loro nave irta di cannoni, con i loro baffi spioventi e il ghigno feroce, e i coltellacci fra i denti.
"All'arrembaggio!", gridava Barbarossa, il più feroce di tutti. E i trentotto
pirati entravano urlando nel castello e facevano man bassa di tutto quello che trovavano. A forza di scorrerie, nel castello era rimasto ben poco di
asportabile, così i pirati avevano preso l'abitudine di riportare qualcosa ogni volta per poterlo rubare nella scorreria successiva.
Il piccolo re aveva una paura tremenda dei pirati e soprattutto del crudele
Barbarossa che ogni volta sbraitava: "Se prendo il re, lo appendo all'albero
della nave!".
Così, quando sentiva arrivare i pirati, si nascondeva in uno dei tanti
nascondigli segreti del castello. Dentro, rannicchiato nel buio, aspettava la
partenza dei pirati. Era così da tanto tempo ormai, e il piccolo re non si
sentiva affatto un fifone. "Se avessi un esercito", pensava, "Barbarossa e la
sua ciurma non la passerebbero liscia".
Un mattino, il re si svegliò a un suono completamente nuovo. Lo ascoltò e si
rese conto che non aveva mai udito un suono simile. "Forse sono arrivati i miei sudditi", pensò il re, e andò ad aprire la porta. Sul gradino della porta sedeva un enorme gatto arancione.
"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà".
"E io sono il gatto", disse il gatto.
"Tu sei mio suddito", disse il re.
"Lasciami entrare", ribatté il gatto; "ho fame e ho freddo".
Il re lasciò entrare il gatto nella sua casa, e il gatto fece un giro intorno e
vide quanto era grande e confortevole.
"Che bellissima casa hai".
"Sì, non è male", disse il re; e improvvisamente si accorse di tutte le cose che
non aveva mai visto in molti anni.
"E' perché io sono il re", disse il re; ed era molto soddisfatto.
"Io resterò qui", decise il gatto, e si sistemò nella casa per vivere con il re;
e il re fu felice perché ora aveva finalmente un suddito.
"Dammi del cibo", disse il gatto, e il re corse via immediatamente per andare a prendere cibo per il gatto.
"Fammi un letto", disse il gatto; e il re corse alla ricerca di una trapunta e
di un cuscino.
"Ho freddo", disse il gatto; e il re accese un fuoco affinché il gatto potesse
scaldarsi.
"Ecco fatto, signor Suddito", disse il re al gatto.
E il gatto rispose: "Grazie, signor Re".
E il re non notò neppure che, sebbene fosse il re, serviva il gatto.
Il tempo passava e il re era felice in compagnia del gatto, e il gatto mostrava al re ogni cosa che il re nella sua solitudine era riuscito a dimenticare: il tramonto, la rugiada del mattino, le conchiglie colorate e la luna che scivolava attraverso il cielo come la barca dei pescatori sul mare.
Qualche volta accadeva al re di passare davanti a uno specchio, e quando vedeva a sua immagine diceva: "Il re, urrà". E si salutava. Non era più il campione assoluto dell'isola. Il gatto lo batteva nel salto in alto, in lungo e
nell'arrampicata sugli alberi; ma il re continuava a eccellere nel nuoto e nel
lancio della pietra.
Un mattino, il re sentì bussare alla porta del castello. Corse ad aprire,
pensando: "Arrivano i sudditi". Si trovò davanti un piccoletto con la faccia
allegra. Era un pinguino, con la camicia bianca e il frac di un bel nero
lucente.
"Buongiorno", disse il re con grande dignità; "io sono il re, urrà".
"E io sono un pinguino", disse il pinguino.
"Tu sei mio suddito", disse il re.
"Lasciami entrare", ribatté il pinguino; "ho fame e ho i piedi congelati. Sono
stufo di abitare su un iceberg".
Il re lasciò entrare il pinguino nella sua casa e gli presentò il gatto, che fu
molto felice di fare conoscenza con il pinguino.
"Penso che mi fermerò qui con voi", disse il pinguino.
Il re ne fu felicissimo. Adesso aveva due sudditi. Corse a preparare una buona cenetta per il pinguino, mentre il gatto portava al nuovo ospite due soffici pantofole.
"Io farò il maggiordomo. Mi ci sento portato", dichiarò il pinguino. "Terrò in ordine il castello e servirò gli aperitivi in terrazza".
Così furono in tre a guardare i tramonti. Ed era ancora meglio che in due. Il re non vinceva più molte gare sportive, perché il pinguino lo batteva a nuoto e nei tuffi. Scoprì, sorprendentemente, che si può essere contenti anche se non si vince sempre.
Ma una sera, lontano all'orizzonte, apparve la nave del pirata Barbarossa.
"Presto scappiamo a nasconderci", gridò il re.
"Neanche per sogno", disse il gatto. "Siamo in tre e possiamo battere quei
prepotenti".
"Certo", ribatté il pinguino. "Basta avere un piano".
"Nell'armeria del castello c'è l'armatura del gigante Latus", disse il re.
"Bene", disse il gatto. "Ci infileremo nell'armatura e affronteremo i pirati".
"Il gatto si metterà sulle mie spalle, e il re sul gatto, così potrà brandire la
spada", continuò il pinguino.
"Approvo il piano", concluse il re.
Così fecero. Quando approdarono alla spiaggia, i pirati rimasero paralizzati dalla sorpresa. Verso di loro, a grandi passi ondeggianti, avanzava un gigante che brandiva un enorme e minaccioso spadone. "E' tornato il gigante Latus!", gridarono. "Si salvi chi può!". E si buttarono in acqua per raggiungere la nave.
Da allora nessuno li vide mai più.
Sulla spiaggia dell'isola il piccolo re, il gatto e il pinguino si abbracciarono
ridendo. Poi il gatto e il pinguino sollevarono il re e lo gettarono in aria
gridando: "Re è il migliore amico che c'è, urrà!".

- don Bruno Ferrero -
 Fonte:Bruno Ferrero, Nuove Storie


Buona giornata a tutti. :)




lunedì 17 settembre 2018

La Leggenda del pianista sull'oceano, monologo finale

"Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine… la fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.
Non è quello che vidi che mi fermò, Max… è quello che non vidi. 

Puoi capirlo. Quello che non vidi… in tutta quella sterminata città c’era tutto, tranne la fine. C’era tutto! Ma non c’era una fine. 
Quello che non vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo.
Tu pensa ad un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. 

Ma tu lo sai che sono ottantotto, e su questo nessuno può fregarti. Ma non sono infiniti loro: tu sei infinito; e dentro a quegli ottantotto tasti la musica che puoi fare è infinita. E questo a me piace, in questo posso vivere. 
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai – e questa è la verità: che non finiscono mai – quella tastiera è infinita. 
Ma se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?! Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi altri laggiù a sceglierne una? 

A scegliere una donna? Una casa? Una terra che sia la vostra? Un paesaggio da guardare? Un modo di morire?
Tutto quel mondo addosso, che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è, ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla quella enormità? Solo a pensarla, a viverla! Io ci sono nato su questa nave. 
E vedi anche qui il mondo passava, ma a non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo.
La terra è una nave troppo grande per me. 
È una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave. 
Al massimo posso scendere dalla mia vita. 
In fin dei conti è come se non fossi mai nato. Sei tu l’eccezione, Max. Solo tu sai che sono qui. E sei una minoranza, non ti resta che adeguarti. 
Perdonami, amico mio, ma io non scenderò".

Tratto dal film: "La leggenda del pianista sull'oceano"
film italiano del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe Tornatore


Buona giornata a tutti. :)




lunedì 10 settembre 2018

L'Amicizia - Tahar Ben Jelloun

L’amicizia è una religione senza Dio né Giudizio finale.
E non c’è neppure il diavolo.
Una religione che non è estranea all’amore.
Ma un amore dove la guerra e l’odio sono proscritti, dove il silenzio è possibile.
Potrebbe essere lo stato ideale dell’esistenza.
Uno stato tranquillo. Un legame necessario e raro.
Non sopporta impurità alcune.
L’altro, di fronte, la persona che si ama, non è solamente uno specchio che riflette, è anche l’altro se stesso sognato.
L’amicizia perfetta dovrebbe essere una sorta di solitudine felice, spurgata dai sentimenti d’angoscia, di rifiuto e di isolamento.
Non si tratta di una semplice storia di sdoppiamento nella quale l’immagine di sé sarebbe passata attraverso un filtro, un esame che dovrebbe ingrandire i difetti e le carenze e ridurre le qualità.
Lo sguardo dell’amico dovrebbe riconsegnarci la nostra immagine considerata in modo esigente.
L’amicizia allora consisterebbe in questa reciprocità senza sfasature, guidata dallo stesso principio di amore: il rispetto che ciascuno deve a se stesso se vuole che gli altri glielo ricambino, naturalmente.


- Tahar Ben Jelloun -


Buona giornata a tutti. :-)



mercoledì 5 settembre 2018

da: "I Giorni perduti" - Dino Buzzati

……. Si avvicinò all’uomo e gli chiese: – Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco.
Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?
Quello lo guardò e sorrise: – Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sa? Sono i giorni.
– Che giorni?
– I giorni tuoi.
– I miei giorni?
– I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero?
Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?
Scese giù per la scarpata e ne aprì uno.
C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se n’andava per sempre.
E lui neppure la chiamava.
Ne aprì un secondo.
C’era una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava.
Ma lui era in giro per affari.
Ne aprì un terzo.
Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa.
E lui non si sognava di tornare.
Si sentì prendere da una certa cosa qui allo stomaco. Lo scaricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere.
− Signore! – gridò Kazirra. – Mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni.
La supplico. Almeno questi tre giorni. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole.
Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile.
Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo di casse misteriose.
E l’ombra della notte scendeva.


- Dino Buzzati -
da "I giorni perduti"



Buona giornata a tutti. :-)


martedì 4 settembre 2018

Grassa.... - Joanne Kathleen Rowling

Grassa.. di solito è il primo insulto che una ragazza rivolge a un’altra quando vuole ferirla; ricordavo di averlo visto succedere sia quando andavo a scuola sia tra le adolescenti.
Così ho ricordato com’è strano e malsano l’insulto grassa.
.. Voglio dire, grassa è davvero la cosa peggiore che possa essere una persona..?
Essere grassi è peggio che essere vendicativi.. gelosi.. superficiali.. vanitosi.. noiosi.. o crudeli...?
No, per me no... ma del resto, che ne so io delle pressioni sociali sulla magrezza?
Vengono indicati come esempi da imitare quelle celebrità le cui più grandi imprese sono unghie perfettamente smaltate, le cui uniche aspirazioni sembrano essere farsi fotografare con nove vestiti diversi in una sola giornata, la cui unica funzione nel mondo sembra essere il sostegno del commercio di borse dal prezzo esorbitante e di cagnolini grossi come ratti. Forse tutto questo sembra comico o di poca importanza, ma non è così.
Si tratta di quello che le ragazze vogliono essere, di quello che suggeriscono loro di essere e di come si sentono per essere come sono ed in un mondo ossessionato dalla magrezza mi preoccupa, perché non voglio ci siano cloni emaciati con l’ossessione di se stesse e con la testa vuota.
Vorrei ragazze indipendenti... interessanti... idealistiche... gentili... caparbie... originali... divertenti...
C’è un migliaio di cose, prima di “magre”.

- Joanne Kathleen Rowling -


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 2 settembre 2018

Per donne forti - Marge Piercy

Una donna forte è una donna determinata a fare qualcosa che altri sono determinati a non farle fare. 
Cerca di sollevare il coperchio di piombo di una cassa da morto. 
Cerca di alzare con la testa un tombino. 
Prova a sfondare a testate una parete d’acciaio.
La testa le fa male. 
Chi aspetta che il buco sia fatto dice, più in fretta, sei così forte.
Una donna forte è una donna che sanguina dentro. 
Una donna forte è una donna che si fa forte ogni mattina, mentre i denti s’allentano e la schiena duole. 
Ogni bambino, un dente, sentenziavano le levatrici, ed ora ogni battaglia una ferita. 
Una donna forte è un mucchio di cicatrici che fanno male quando piove e di ferite che sanguinano quando le urti e di memorie che si svegliano di notte e marciano avanti e indietro.
Una donna forte è una donna che ha bisogno assoluto d’amore come d’ossigeno oppure diventa cianotica.
Una donna forte è una donna che ama fortemente e piange fortemente e fortemente è terrorizzata e ha forti desideri. 
Una donna forte è forte in parole, opere, relazioni, sentimenti, non è forte come una roccia ma come una lupa che allatta i suoi piccoli. 
La forza non è in lei, ma lei la mette in moto come il vento che gonfia una vela.

- Marge Piercy -



Buona giornata a tutti. :-)