martedì 8 maggio 2018

Al Telefono


Il Padreterno è al telefono da un pezzo, molto attento a quanto dice il suo interlocutore dall'altro lato del filo. Annuisce, sorride, gesticola come se disegnasse nell'aria qualcosa.
L'angiolino segretario socchiude la porta e gli fa cenno che sull'altra linea c'è... Ma il Padreterno fa un gesto con la mano per fargli capire di non interrompere, mentre continua ad annuire, a sorridere e a ridere di cuore.
Il segretario torna nell'altra stanza. "Il Padreterno è molto occupato" dice "Non lo si può interrompere." "Ma glielo hai detto che al telefono c'è il Papa?"
"Non me ne ha dato il tempo..." "Prova a farglielo dire dalla Beata Vergine, piccolino" dice il Papa. 
L'angiolino va a chiamare la Beata Vergine che va, con tutta dolcezza e discrezione, a bussare alla porta dello studio del Padreterno. 
La socchiude appena. Lui le fa una strizzatina d'occhio e il gesto di pazientare.
La Beata Vergine capisce al volo e richiude dolcemente la porta.
"E’ impossibile" dice "Si tratta di una persona veramente importante." L'angiolino va a riferire al Papa che aspetta all'altro telefono con una certa impazienza.
"Oh, Signore!" supplica il Santo Padre. "Va' a cercare San Giuseppe, fa' entrare in azione Sant'Antonio, vedi se c'è da qualche parte Papa Giovanni... Sbrigati! Sono affari importanti, affari della Chiesa!"
Dietro la porta dello studio del Padreterno si è formata una piccola folla di Santi. 
Ma non c'è nulla da fare: appena qualcuno socchiude l'uscio, Lui fa cenno di non interrompere e di chiudere.
Finalmente posa il ricevitore e si butta indietro sulla sua poltrona.
"O quella Valentina! Quella Valentina! ... " ride divertito. "Ogni sera mi deve raccontare per filo e per segno che cosa ha fatto in tutta la giornata!" Suona il campanello. Entra l'angelo segretario.
"Chi era all'altro telefono?" chiede curioso il Padreterno.
"Il Papa."
"E ora dov'è?"
"Si è ritirato. Ha detto che andava a rileggersi 'La notte oscura' di S. Giovanni della Croce..."
"Presto, portagli da parte mia questo biglietto."
Parla a voce alta mentre scrive:
"Affido alla carità del Papa, Valentina: quattro anni, madre prostituta, padre carcerato, abitazione "baracche dell' Acquedotto Felice." E rassicuralo. 

Stia contento: il Padreterno gli vuole sempre un gran bene, anche se a volte sembra un pochino distratto.
  




Buona giornata a tutti  :-)

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lunedì 7 maggio 2018

Tu non mi vuoi bene? - Erma Bombeck

«Tu non mi vuoi bene?»
Quante volte ve lo siete sentito dire dai vostri figli in tono accusatore? 
E quante volte avete resistito alla tentazione di spiegar loro quanto li amavate? Un giorno, quando i miei figli saranno abbastanza grandi da capire la logica che spinge una madre a comportarsi in un certo modo, glielo dirò.
Ti ho amato abbastanza da chiederti continuamente dove andavi, con chi e a che ora saresti tornato.
Ti ho amato abbastanza da insistere perché ti comprassi una bicicletta con i tuoi soldi, anche se noi potevamo permettercela e tu no.
Ti ho amato abbastanza da star zitta e lasciare che scoprissi da solo chi era l'amico che ti eri scelto.
Ti ho amato abbastanza da costringerti a restituire al proprietario del negozio la cioccolata già morsicata e confessare: «L'ho rubata».
Ti ho amato abbastanza da restar lì come un gendarme per più di due ore a guardarti pulire la stanza, un lavoro che io avrei potuto fare in un quarto d'ora. 
Ti ho amato abbastanza da dire: «Sì, vai pure al luna park. Non importa se è il giorno della mamma».
Ti ho amato abbastanza da lasciare che vedessi la rabbia, la delusione, il disgusto e le lacrime nei miei occhi.
Ti ho amato abbastanza da non scusarmi mai con gli altri per le tue mancanze o cattive maniere.
Ti ho amato abbastanza da ammettere di aver avuto torto e chiederti scusa. 
Ti ho amato abbastanza da ignorare quello che dicevano o facevano «le altre madri». 
Ti ho amato abbastanza da lasciare che inciampassi, cadessi, ti facessi male, sbagliassi. 
Ti ho amato abbastanza da lasciare che ti prendessi le responsabilità delle tue azioni, a sei, come a dieci, o a sedici anni.
Ti ho amato abbastanza da sospettare che avevi mentito sulla presenza dei genitori del tuo amico a quella festa, e lasciar correre... dopo aver scoperto che non mi sbagliavo. 
Ti ho amato abbastanza da metterti a terra, lasciarti andare la mano, non rispondere alle tue suppliche... perché imparassi a stare in piedi da solo.
Ti ho amato abbastanza da accettarti per quello che sei, non per quello che avrei voluto che fossi.

Ma soprattutto ti ho amato abbastanza da continuare a dire «No» anche sapendo che mi avresti odiato. È stata questa la decisione più difficile.

- Erma Bombeck - 


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 6 maggio 2018

La leggenda dell'usignolo

In un'isola lontana di un paese del Sol Levante regnava un superbo imperatore. Era un sovrano molto vanitoso, che amava circondarsi di cose stupende e perciò tutto nel suo regno era incantevole. Anche sua figlia era bellissima ed egli l'aveva chiamata Splendore del Giorno. L'imperatore sceglieva per lei i vestiti più sontuosi, pretendeva che si ornasse con gemme e diademi preziosi e che il suo trucco fosse perfetto. Non l'abbracciava mai; la guardava solo per assicurarsi che la sua bellezza e il suo abbigliamento fossero sempre degni di una regina.
Ma Splendore del Giorno si sentiva oppressa da tutte queste ricchezze, priva di affetto e schiava della vanità del padre. Trascorreva il suo tempo passeggiando lungo i viali più reconditi dell'immenso giardino per nascondere agli altri le sue lacrime. Ella sognava d'essere povera, ma libera e amata.
Un mattino, in cui si sentiva più triste del solito, la principessa si rivolse al Buddha di giada del suo palazzo, con questa preghiera:

- O dio della saggezza, aiutami a fuggire da questa prigione. Dammi la possibilità di andar via col vento profumato sui prati fioriti e di volare con gli uccelli nel cielo turchino.
Buddha indossò allora una veste di luce e così rispose alla giovane:

- Ti offro cento lune per ubriacarti di libertà. Ogni sera, all'ultimo rintocco della mezzanotte, ti trasformerai in un uccello. Ma non appena il sole sorgerà, tu tornerai ad essere quella che sei, la principessa Splendore del Giorno.
Sappi però che l'incantesimo durerà fino al termine delle cento lune.

- Sono pronta ad assumermi tutti i rischi - affermò la giovane.

Buddha mantenne la sua promessa e quella stessa notte, al dodicesimo tocco della mezzanotte, Splendore del Giorno fu trasformata in un uccello. Finalmente poteva allontanarsi dalla sua prigione dorata!
Volò in alto, ancora più in alto finché la sua casa non divenne che un punto luminoso e lontano. Piena di felicità, Splendore del Giorno si mise a cantare e il suo canto melodioso si propagò per la campagna addormentata come un inno di gioia. All'alba l'incantesimo cessò e, riprese le sue sembianze, la principessa tornò al palazzo reale.
Ben presto però l'imperatore venne a sapere che, quando scendeva la notte e la luna brillava sul mare, un uccello cantava in modo così melodioso che certamente doveva trattarsi di un essere divino. Che tipo di uccello era quello che egli ancora non possedeva? Subito ordinò ai suoi soldati di catturarlo.
Passò un mese, ma i samurai non riuscirono a prendere lo straordinario esemplare. Infatti Splendore del Giorno riusciva abilmente a sfuggire a tutte le trappole che le venivano tese. Fu così che il superbo imperatore, beffato dall'uccello sconosciuto, si ammalò. Perse l'appetito e il sonno, deperì ogni giorno di più e alla fine dovette mettersi a letto.

Splendore del Giorno, preoccupata per la sorte del padre, pregò di nuovo Buddha:

- O dio della saggezza, sono pronta a sacrificare la mia libertà in cambio della vita di mio padre. Ti supplico, rompi l'incantesimo e guariscilo dal suo folle male.

- Non è in mio potere salvare tuo padre dalla sua stupida ambizione. Tuttavia accolgo la tua richiesta di rompere l'incantesimo, anche se le cento lune non sono ancora trascorse. Può darsi che in questo modo tuo padre ritrovi il piacere di vivere e che questa prova possa averlo reso più umile.

Da allora Splendore del Giorno circondò il padre di amore e di premure e, per aiutarlo a guarire, chiamò al suo capezzale i più famosi dottori che gli prodigarono cure d'ogni genere. Malgrado ciò il sovrano, sognando l'uccello divino, si consumò lentamente fino a morire.
Splendore del Giorno aprì ai sudditi più poveri del regno le porte del suo palazzo e mise a disposizione di tutti, contadini e pescatori, le immense ricchezze che suo padre, con orgoglio e vanità, aveva accumulato.
Adorata dalla sua gente, che la venerò come una dea, la principessa visse felice e finalmente libera.
Il dio Buddha, per ripagarla di tanta generosità, popolò la sua isola di uccelli divini, a cui Splendore del Giorno diede il nome di usignoli.

Da quel momento, e sono passati ormai tanti secoli, quando la luna emana i suoi ultimi chiarori e il sole comincia a tingere di rosa il cielo, l'usignolo canta: il suo canto melodioso è un inno alla libertà dell'uomo.

Leggenda giapponese


Buona giornata a tutti. :-)