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lunedì 20 agosto 2018

Alla festa della Creazione - don Bruno Ferrero

Il settimo giorno, terminata la Creazione, Dio dichiarò che era la sua festa. Tutte le creature, nuove di zecca, si diedero da fare per regalare a Dio la cosa più bella che potessero trovare.
Gli scoiattoli portarono noci e nocciole; i conigli carote e radici dolci; le pecore lana soffice e calda; le mucche latte schiumoso e ricco di panna.
Miliardi di angeli si disposero in cerchio, cantando una serenata celestiale.
L'uomo aspettava il suo turno, ed era preoccupato. "Che cosa posso donare io? I fiori hanno il profumo, le api il miele, perfino gli elefanti si sono offerti di fare la doccia a Dio con le loro proboscidi per rinfrescarlo".
L'uomo si era messo in fondo alla fila e continuava a scervellarsi. Tutte le creature sfilavano davanti a Dio e depositavano i loro regali.
Quando rimasero solo più alcune creature davanti a lui, la chiocciola, la tartaruga e il bradipo poltrone, l'uomo fu preso dal panico.
Arrivò il suo turno.
Allora l'uomo fece ciò che nessun animale aveva osato fare. Corse verso Dio e saltò sulle sue ginocchia, lo abbracciò e gli disse: "Ti voglio bene!".
Il volto di Dio si illuminò, tutta la creazione capì che l'uomo aveva fatto a Dio il dono più bello ed esplose in un alleluia cosmico.
"Per qual fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell'altra, in Paradiso" (Catechismo di Pio X).

Lascia che ti ami, mio Dio.
Che cosa ho in cielo,
che cosa ho in terra, all'infuori di te?
Tu, Dio del mio cuore
e mia parte nell'eternità,
lascia che mi aggrappi a te.
Sii sempre con me,
e se sarò tentato di lasciarti,
tu, mio Dio, non mi lasciare.

(don Bruno Ferrero)
Solo il Vento lo sa di don Bruno Ferrero, Editrice ElleDiCi


Buona giornata a tutti. :-)



martedì 14 agosto 2018

Il Girasole – don Bruno Ferrero


In un giardino ricco di fiori di ogni specie, cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno una erbaccia e non gli rivolgevano la parola.
Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali.

Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre.

La pianta senza nome, invece, non si perdeva un salo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.

Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto, e anche con un po' d'invidia.
«Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.

La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante.
Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole.
Così non si sarebbero lasciati mai.

Le prime ad accorgersene furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari. «Si è innamorato del sole», cominciarono a propagare ai quattro venti.
«Lo spilungone è innamorato del sole», dicevano ridacchiando i tulipani. «Ooooh, com'è romantico!», sussurravano pudicamente le viole mammole.

La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo, bonario. E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole, nella sua camminata per il cielo.
Così i garofani gli misero nome «girasole».
Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso il diretto interessato.

Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva orgoglioso: «Mi chiamo Girasole».
Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o, peggio, qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole.

«Perché guardi sempre in aria? Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te», gridarono le bocche di leone per farsi sentire.
«Amici», rispose il girasole, «sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'. 
Che ci volete fare? il sole è la mia vita e io vivo per lui...».

Come tutti i buoni, il girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per «l'innamorato del sole».



- Don Bruno Ferrero -
Fonte:  Tutte Storie, ed. Elledici


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 11 agosto 2018

La pozzanghera - don Bruno Ferrero

C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole.
"E' la morte delle pozzanghere", pensava rabbrividendo.
Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei.
"Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!".
"Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta.
Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste.
Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole.
Il buon poeta volle farle passare quella paura. 
Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere.
La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo.
Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica.
La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole.
La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

Un pezzo di carbone si sentiva sporco, brutto e inutile. Decise di diventare bianco e levigato. Provò diversi prodotti chimici e varie operazioni chirurgiche. Niente da fare.
"C'è soltanto il fuoco", gli dissero.
Il pezzo di carbone si buttò nel fuoco. Divenne una creatura luminosa, splendente, calda, irradiante, magnifica.
"Ti stai consumando", gli dissero.
"Ma dono luce e calore", rispose il pezzo di carbone, finalmente felice.

Lasciati prendere dal sole e dal fuoco dello Spirito. 
Splenderai come un astro del cielo sulle rotte dell'infinito.


- Don Bruno Ferrero -
“Il segreto dei pesci rossi”, ed. Elledici


Buona giornata a tutti. :-)






martedì 17 luglio 2018

Gli abeti - don Bruno Ferrero

Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno. 
"Urrà!" gridarono i semi all'unisono. "Il momento è venuto!" 
Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l'essere in tanti provocava qualche difficoltà. 
"Fatti un po' più in là, per favore!". 
"Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!". 
E così via. Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare. 
Tutti meno uno. 
Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: "Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l'un con l'altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!". 
Con l'aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna. 
Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna. 
Anche se i problemi non mancavano. 
"Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi". 
"Mi rubi il sole! Fatti più in là…". 
"La smetti di scompigliarmi la chioma?". 
L'abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava. 
Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibillando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finché devastante sulla montagna si abbattè la bufera. Gli abeti nel bosco si strinsero l'un l'altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda. 
Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi. 
Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna. 

Dio non ha creato "io". Ha creato "noi".


- don Bruno Ferrero -
Dal libro "C'è ancora qualcuno che danza" di Bruno Ferrero


Buona giornata a tutti. :-)

martedì 26 giugno 2018

L’ Eternità – Don Bruno Ferrero

C'era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla. 
Una sola inquietudine lo tormentava. 
Aveva paura dell'eternità. 
Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci. 
Un conto è farlo per un po' di tempo. Ma per l'eternità! Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d'anni chissà che noia...

Un giorno di primavera, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero. 
L'aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori.
Il monaco sospirò pensando al suo problema. 
Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare. Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo. Non aveva mai sentito niente di più bello. Per un istante ascoltò estasiato.

Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò. Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva. Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto. "Che cosa desidera?" gli chiese il portinaio.
Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo. L'altro non capiva. Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l'abate. Ma anche l'abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura. 
Balbettando un po', spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l'ufficio pomeridiano. 
L'abate lo ascoltava in silenzio.
"Cento anni fa", disse alla fine, "un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest'ora, è uscito dal monastero. Non è più ritornato e nessuno l'ha più rivisto".
Allora il monaco capì che Dio l'aveva esaudito. Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d'estasi in cui l'aveva rapito il canto dell'usignolo, l'eternità non era che un istante nell'estasi in Dio.

Un profeta importunava Dio continuamente: "Perché non fai questo? Perché non sistemi quello? Vuoi che le cose continuino così? Avanti intervieni! Presto, non tardare! Che sarà del mondo se va avanti di questo passo?".
Finalmente Dio gli parlò.
"Perché te la prendi tanto?" gli disse: 
"Lascia passare questi trentacinquemila anni e poi vedremo...".

Il tempo di Dio non è il tempo degli uomini.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte: Il segreto dei pesci rossi


Buona giornata a tutti. :-)