lunedì 26 agosto 2024

Preghiera scritta da Sant’Agostino

Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile.
E l’uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato,
che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi.
Eppure l’uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti.
Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.
Concedimi, Signore, di conoscere e capire se si deve prima invocarti o lodarti,
prima conoscere oppure invocare.
Ma come potrebbe invocarti chi non ti conosce?
Per ignoranza potrebbe invocare questo per quello.
Dunque ti si deve piuttosto invocare per conoscere?
Ma come invocheranno colui, in cui non credettero?
E come chiedere, se prima nessuno dà l’annunzio?
Loderanno il Signore coloro che lo cercano,
perché cercandolo lo trovano, e trovandolo lo loderanno.
Che io ti cerchi, Signore, invocandoti, e ti invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto.
Ti invoca, Signore, la mia fede,
che mi hai dato e ispirato mediante il tuo Figlio fatto uomo, mediante l’opera del tuo Annunziatore.


Buona giornata a tutti :-)



domenica 7 luglio 2024

“Ciò che mi attira a Te, Signore, sei Tu!” – Mons. Ennio Apeciti

 San Carlo Borromeo fu canonizzato da papa Paolo V con una solenne – forse sarebbe meglio scrivere: grandiosa – celebrazione in San Pietro il 1° novembre 1610.
Era morto appena ventisei anni prima, all’alba del  3 novembre 1584, a quarantasei anni d’età, e – come scrive la Lettera Remissoria per la sua canonizzazione –

“udita la notizia della sua morte, il lutto della città di Milano fu simile a quello che vi è solitamente in occasione della grandi calamità. Tutti, infatti, si disperarono, soprattutto quelli che ricevevano benefici da lui, e, in primo luogo, i poveri”

Due giorni dopo la sua morte si ebbe notizia del primo miracolo attribuito alla sua intercessione: una donna, Costanza Rabbia, recatasi a venerare la salma ancora esposta nel palazzo Arcivescovile, toccò con il braccio paralizzato il corpo di san Carlo e immediatamente guarì. Si contarono almeno cento miracoli da allora al 1601 (27 novembre), quando il Consiglio Generale di Milano a nome dell’intera cittadinanza – sollecitato dalla Congregazione degli Oblati – indirizzò al Papa la supplica per la canonizzazione dell’arcivescovo.
Va precisato che in quel tempo non esisteva il passaggio della “beatificazione”, che si andò affermando successivamente o, per lo meno, negli stessi anni della canonizzazione di san Carlo.  La beatificazione appariva come la concessione di poter venerare un “candidato” alla canonizzazione, del quale era certa la canonizzazione stessa, ma non si era ancora completato il lungo e severissimo iter canonico. Non a caso si considera come “prima beatificazione” quella di sant’Ignazio di Loyola, beatificato il 27 luglio 1609 e canonizzato il 12 marzo 1622. Accade la stessa cosa per san Carlo: gli Oblati, dovendo pubblicare la biografia di san Carlo ad opera del Bescapè chiesero il permesso di poterla indicare come “vita del Beato Carlo Borromeo”, essendo ormai imminente la canonizzazione ed essendo anche ormai pronta quella biografia, scritta in vista della canonizzazione stessa.
Un tempo brevissimo, dunque, quello trascorso tra la morte di san Carlo e la sua canonizzazione, segno della convinzione sicura della sua santità, che scuoteva e provocava alla devozione e all’imitazione.
Mi sovvengono al riguardo le parole che papa Giovanni Paolo II usò nella sua Lettera per il sedicesimo centenario della morte di sant’Ambrogio, Operosam diem (1° dicembre 1996):

“E’ proprio dei Santi restare  misteriosamente contemporanei  di ogni generazione: è la conseguenza del loro profondo radicarsi nell’eterno presente di Dio” (n.3).

           Mi piace “aggiornare” questa citazione con le parole dell’omelia di Benedetto XVI nella solennità di Tutti i Santi 2006:

“Guardando al luminoso esempio dei santi (possiamo) risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia dei amici di Dio. […] L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le loro stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per  l’uomo è vivere lontano da Lui”.

Mi è piaciuto immaginare che San Carlo mi parlasse in modo diretto, confidenziale.
E’ una mia riflessione; è quello che direbbe a me e che condivido con chi mi legge. Non mi pongo, dunque, come maestro, ma come confratello che desidera aprire il suo cuore a dei confratelli, condividere con loro – con voi – quello che sento in questo tempo importante per il mio e nostro cammino di sequela, di servizio a Dio e ai fratelli.

(Mons. Ennio Apeciti)

Fonte: Ritiro spirituale – Oblati Missionari – Rho – 23 marzo 2010
             “Quaderni degli oblati diocesani 35”-pagg.9-10-11

“Miracolo della gamba incancrenita”, anonimo (XVII secolo)
Duomo di Milano. ". Lato destro della navata centrale, campata 9
(Foto di Giovanni dall’Orto, 6 dic. 2007)

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venerdì 14 giugno 2024

Preghiera per la comunità parrocchiale

 O Gesù che hai detto:

" Dove due o più sono riuniti nel mio nome,
io sono in mezzo a loro,"
sii fra noi, che ci sforziamo di essere uniti nel tuo Amore,
in questa comunità parrocchiale.
Aiutaci ad essere sempre" un cuore solo e un'anima sola",
condividendo gioie e dolori, avendo una cura particolare
per gli ammalati, gli anziani, i soli, i bisognosi.
Fa che ognuno di noi si impegni ad essere vangelo vissuto,
dove i lontani, gli indifferenti, i piccoli scoprono
l'Amore di Dio e la bellezza della vita cristiana.
Donaci il coraggio e l'umiltà di perdonare sempre,
di andare incontro a chi si vorrebbe allontanare da noi,
di mettere in risalto il molto che ci unisce
e non il poco che ci divide.
Dacci la vista per scorgere il tuo volto
in ogni persona che avviciniamo
e in ogni croce che incontriamo.
Donaci un cuore fedele e aperto, che vibri
a ogni tocco della tua parola e della tua grazia.
Ispiraci sempre nuova fiducia e slancio
per non scoraggiarci di fronte ai fallimenti,
alle debolezze e alle ingratitudini degli uomini.
Fa che la nostra parrocchia si davvero una famiglia,
dove ognuno si sforza di comprendere, perdonare,
aiutare, condividere; dove l'unica legge
che ci lega e ci fa essere veri tuoi seguaci,
sia l'amore scambievole. Amen.




Che tu ci aiuti, o Dio, noi lo speriamo. E liberaci dal male, ti preghiamo. In acque cristiane dimorare vogliamo, e in Cielo infine entrare, nella gioia di cui è la regina la Vergine che salva da rovina".

[J.R.R. Tolkien]



“Ma la speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: 'Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio', no: se tu non dici: 'Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola', quella non è speranza. E’ buon umore, ottimismo…”.

Dal Vangelo, Papa Francesco prende poi il secondo spunto del giorno. L’episodio è quello in cui Gesù guarisce di sabato la mano paralizzata di un uomo, suscitando la riprovazione di scribi e farisei. Col suo miracolo, osserva il Papa, Gesù libera la mano dalla malattia e dimostra “ai rigidi” che la loro “non è la strada della libertà”. “Libertà e speranza vanno insieme: dove non c’è speranza non può esserci libertà”, afferma Papa Francesco. Che soggiunge: “Gesù libera dalla malattia, dal rigore e dalla mano paralizzata quest’uomo, rifà la vita di questi due, la fa di nuovo”:

“Gesù, la speranza, rifà tutto. E’ un miracolo costante. Non solo ha fatto miracoli di guarigione, tante cose: quelli erano soltanto segni, segnali di quello che sta facendo adesso, nella Chiesa. Il miracolo di rifare tutto: quello che fa nella mia vita, nella tua vita, nella nostra vita. Rifare. E questo che rifà Lui è proprio il motivo della nostra speranza. E’ Cristo che rifà tutte le cose più meravigliosamente della Creazione, è il motivo della nostra speranza. E questa speranza non delude, perché Lui è fedele. Non può rinnegare se stesso. Questa è la virtù della speranza”.

E qui, Papa Francesco rivolge uno sguardo in particolare ai sacerdoti. “È un po’ triste – ammette quando uno trova un prete senza speranza”, mentre è bello trovarne uno che arriva alla fine della vita “non con l’ottimismo ma con la speranza”. “Questo prete – continua – è attaccato a Gesù Cristo, e il popolo di Dio ha bisogno che noi preti diamo questo segno di speranza, viviamo questa speranza in Gesù che rifà tutto”:


“Il Signore che è la speranza della gloria, che è il centro, che è la totalità, ci aiuti in questa strada: dare speranza, avere passione per la speranza. E, come ho detto, non sempre è ottimismo ma è quella che la Madonna, nel Suo cuore, ha avuto nel buio più grande: la sera del Venerdì fino alla prima mattina della Domenica. Quella speranza: Lei l’aveva. E quella speranza ha rifatto tutto. Che il Signore ci dia questa grazia”.

del sito Radio Vaticana 





La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo”.

Papa Francesco Omelia Casa Santa Marta, 16 Novembre 2013



"Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l'amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti.

- Papa Benedetto XVI - 



Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 3 gennaio 2024

La leggenda della Befana


C’era una volta una vecchietta, che viveva in una casa piccola e malandata, distante dal villaggio.
La vecchietta usciva ogni mattina per fare legna nel bosco, poi tornava a casa e si sedeva accanto al focolare insieme al suo gattino.
Il suo nome era Befana.
Befana aveva la fama di essere una maga e nessuno si spingeva fino alla sua casetta isolata, tanto più in inverno, quando i venti gelidi colpivano a raffica e la neve cadeva copiosa.
Una fredda sera di gennaio, Befana sentì all’improvviso bussare alla sua porta. Naturalmente si spaventò: chi poteva essere, a quell’ora e con quel tempo?
All’inizio non voleva aprire, ma poi la curiosità la vinse e si trovò davanti a tre orientali riccamente vestiti, che erano scesi dai loro cammelli per chiederle quale fosse la strada per raggiungere Betlemme.
La vecchietta stupefatta si chiese perché mai volessero andare a Betlemme. I tre orientali (e già, proprio loro, i Re Magi!) le raccontarono che stavano andando a portare dei doni al Bambino Gesù e la invitarono a unirsi a loro.
La poverina ci pensò un po’, ma non se la sentiva proprio di partire con quel freddo. Così diede loro le indicazioni che chiedevano e li lasciò andare.
Poi, però, si pentì e cercò di raggiungerli, montò a cavallo della sua scopa (un po' maga lo era davvero!) per cercarli e andare con loro a rendere omaggio a Gesù, ma non riuscì più a trovarli.
Fu così che ebbe un’idea: andare in tutte le case e lasciare un dono ad ogni bambino, nella speranza che uno di loro fosse Gesù.
Da allora Befana ha continuato, anno dopo anno, a portare i suoi doni a tutti i bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio.

Buona giornata a tutti :-)


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