giovedì 28 giugno 2018

Come e quando agisce Satana - Don Raul Salvucci

Il più grande problema che di secolo in secolo ha turbato i sonni di chi intende oc­cuparsi di queste realtà è comunque quello di capire COME E QUANDO.

Si può raggiungere la certezza che ci siano realmente realtà spiritiche o non si tratti invece di autentiche malattie. 
È que­sta difficoltà di fondo che induce molti a dubitare dell'esistenza di questa realtà, scaricando ingiustamente tutto sulle ma­lattie mentali o nervose.

Avendo con la mia esperienza di oltre venti anni seguito direttamente, e a volte per lungo tempo, migliaia di casi, ho potu­to raccogliere ricorrenti e costanti indica­zioni per poter offrire alle persone soffe­renti alcuni spunti che ritengo validi e si­curi per la diagnosi delle presenze malefi­che. 
Le mie indagini non sono basate su in­tuizioni particolari, di cui sono assoluta­mente dotato, e neppure su particolare sen­sibilità che consenta, tastando il corpo del paziente, di scoprire la presenza delle ne­gatività. 
Uso invece dei test di ricerca che sono accessibili a tutti e che ognuno che lo voglia può fare comodamente su se stesso. 

IL "FAI DA TE"

È oggi molto ricercato. I tre capitoli che seguono sono un tentativo, spero utile e positivo, di trasportarlo nel tetro e miste­rioso mondo dell'occulto, dove sembrano, rari e introvabili, esperti sicuri per il diffi­cile rebus.

Dei "12 sintomi" delle presenze ma­lefiche, di essi i primi tre sono 
fonda­mentali, nel senso che se non vi sono tutti e tre, non c'è maleficio; al contrario se ci so­no tutti e tre si può avere la certezza che il maleficio vi sia.

Nei tre capitoli che seguiranno ripor­terò per intero i "tre segni" fondamentali di cui sto parlando, rimandando poi al li­bro stesso per avere la conoscenza e la spiegazione degli altri dieci segni che qui non vengono riprodotti.

Primo sintomo: l'attacco notturno contro il sonno

La testa viene colpita incessantemente di giorno e di notte. Ma l'attacco fonda­mentale e più decisivo, per la distruzione della mente (psiche) e di riflesso poi di tut­to il corpo, viene inferto nella notte, perché durante la passività del sonno le forze del male possono agire più comodamente.

Strumenti ordinari di tali disturbi sono gli oggetti fatturati che vengono immessi nei cuscini, in modo che il contatto diretto con la testa renda più forte ed efficace la loro radiazione malefica.

I sintomi nei disturbi del sonno sono: difficoltà ad addormentarsi, risvegliarsi presto e non prendere più sonno, avere in­cubi, sognare cioè cose brutte e angoscian­ti che si esprimono con forza nella mente generando spavento, come sensazioni di cadere dall'alto, guidare una macchina che non si riesce a controllare, vivere una si­tuazione paurosa dalla quale non c'è via di scampo.

È tale la forza di questi incubi che spes­so risvegliano il paziente lasciandolo in uno stato di paura e di sconvolgimento. Questi sintomi possono presentarsi tut­ti o solo in parte, secondo la costituzione dei vari organismi.

Quel che conta, per capire se sono fatti naturali o no, è quello di guardare alle con­seguenze che si riscontrano quando la not­te finisce: quando è ora di alzarsi per af­frontare gli impegni della giornata, ci si sente più stanchi e sfiniti di quando si è andati a letto. Il sonno non solo non è stato riposante, ma ha creato un senso di sfini­tezza generale su tutto il corpo, per cui non ci si vorrebbe alzare. Alzandosi, diventa difficilissimo affrontare e portare avanti i normali impegni che prima si facevano con una certa soddisfazione, poiché ora di­ventano una ininterrotta tortura.

Perché questo accanimento nella notte?

Nella testa c'è la centralina di tutti i co­mandi che regolano e ordinano il movi­mento di tutte le parti del corpo. La fun­zionalità di questo centro di comando e di controllo è assicurata dal ricambio che av­viene durante il periodo del sonno: quando si perde in quantità notevole il sonno, non si ha più la potenza per agire normalmente. Perciò l'attacco sistematico al sonno, è il principio di distruzione della vita ed elimina gradualmente nel soggetto colpito la possibilità di ogni resistenza all'azione demolitrice degli spiriti del male. L'attacco all'organo centrale della nostra vita psichica e vegetativa apre la porta al potere di trascinare una persona dove si vuole.

Effetti dei disturbi del sonno. Quando tutte le notti, senza interruzione si subisce una tale violenza, non è soltanto il fisico a subirne le conseguenze, ma anche soprattutto la resistenza psichica a crollare, con una catena di conseguenze che non è facile catalogare. Provo tuttavia a farne un elenco:

- perdita della personalità e della libertà per il proprio comportamento. Dopo la devastazione del recupero che un buon sonno dovrebbe offrire, si indebolisce la capacità di controllo e di autonomia, cosicché gli influssi spiritici fanno da padroni.

Così si spiega, per esempio, la completa inversione di tendenza del bravo marito che si sente stranamente attratto dalla donna estranea che ricorre a questi mezzi.

Un marito ottimo, sereno e affettuose attaccatissimo ai figli, molto legato alla moglie, di colpo non si riconosce più. Non ama più, non vede più i figli, soffre di star in casa, si chiude in se stesso, sembra inebetito, non dorme più i suoi sonni tranquilli, tradisce un interno contrasto.

È come se una forza invisibile, di cui lui stesso non capisce la provenienza, lo portasse a fare ciò che non vorrebbe.

Bisogna precisare che, in questi casi una perdita delle capacità di volere non totale come nell'ossessione diabolica, ma è talmente forte che, se non c'è un carattere consolidato unito a una difesa religiosa, non si è capaci di resistere.

Tanta comprensione e tanta delicatezza verso chi attraversa questi traumi è indispensabile per evitare il peggio;

- la mente è sconvolta.

Una continua "suggestione mentale la tiene continuamente in opera di giorno e nelle ore di insonnia della notte.

Pensieri falsi, interpretazioni distorte, risentimenti, immaginazioni al di fuori di ogni realtà martellano la testa per giorni, per mesi, e alla fine riescono a imporre false certezze che al momento opportuno esplodono e diventano dirompenti, con espressioni e comportamenti incomprensibili a chi li recepisce. È un vero martirio che, quando arriva al culmine, scatena atteggiamenti violenti, rabbiosi, asociali soprattutto con i familiari e apre, purtroppo la via a ricoveri in reparti di psichiatria o a pre­scrizioni di forti dosi di psicofarmaci, che in questi casi non risolvono nulla, anzi at­tenuano la capacità di reagi­re alle forze del male;

- questa agitazione men­tale crea la "deconcentrazio­ne", cioè l'incapacità di fer­mare la mente per concen­trarsi sulle cose da fare. 
Chi lavora in ufficio non è effi­ciente e commette pericolosi errori. 
Il ragazzo che va a scuola non riesce ad appli­carsi, la mente fugge continuamente dalle pagine del libro e quel poco che si è letto viene subito cancellato dalla forza dei pensieri inutili che tengono banco. 
In genere in questi casi i genitori dicono inconsapevol­mente che non ha voglia di studiare, ma poi aiutati ad approfondire, riconoscono che il ragazzo non riesce ad applicarsi:

- la stanchezza mentale genera un senso di avvilimento che in­veste la persona: la rende abitualmente tri­ste, la porta a rinchiudersi sempre più in se stessa, le crea la sensazione che tutto stia crollando, che ormai non potrà andare più avanti. Nei momenti più acuti, tutto diven­ta più nero del nero e la catastrofe totale sembra ormai inevitabile. Questo stato a volte diviene l'anticamera del suicidio;

- la mente così turbata porta indirettamente a un altro feno­meno: la ricerca del letto, chiudendosi in camera anche nelle ore del giorno. Oggi il caso di giovani e ragazzi che gradualmen­te restringono la loro vita a questa forma solo vegetativa, rifuggendo da ogni impe­gno e dal frequentare la vita sociale, è sem­pre più frequente, man mano che dilaga maggiormente il ricorso alle forme del­l'occulto. In questi casi il letto attira sem­pre, perché nel letto o nel cuscino c'è qual­cosa di fatturato che richiama la persona, al fine di poter continuare a sprigionare su di lei la sua azione malefica anche nelle ore in cui normalmente non si dovrebbe stare a letto.

Chi è soggetto a queste cose deve tener presente la regola che nel letto e nella ca­mera ci deve stare il meno possibile. Deve cercare invece di evadere dalla casa, uscire all'aperto, cambiare ambiente, creare rap­porti sociali e di incontro.

Secondo sintomo: gravi disturbi allo stomaco

Degli oggetti fatturati fatti ingerire e che poi rimangono nello stomaco ho già parlato qua e là in altri articoli, spiegando le tecniche del maleficio e rispondendo al­le domande al riguardo.

Qui voglio sottolineare l'importanza fondamentale del fatto. La fattura opera sulla vittima per mezzo di influssi negativi prodotti da soggetti fisici, preparati prece­dentemente con riti propiziatori nei labo­ratori dei maghi.

Si comprende facilmente che più l'og­getto fatturato è vicino come distanza e presente come continuità di tempo alla persona, più è efficace l'azione malefica. Quindi gli oggetti possono essere mes­si nella casa o nei dintorni immediati di casa, nel laboratorio o nell'ufficio, dentro l'auto, nei cuscini.

Ma in ogni caso dato che la gente si muove, il contatto con queste cose viene continuamente interrotto e a volte per tem­pi lunghi: in ufficio non ci si sta sempre, nella casa o nell'auto neppure, sul cuscino la testa ci riposa solo nelle ore della notte.

La carica più efficace è quindi quella di piazzare il fatturato all'interno del corpo stesso: così, più che vicino, è al di dentro e la continuità non si interrompe mai neppu­re per qualche minuto. L'oggetto può esse­re di minuscole proporzioni, sia di materia solida che liquida e non è difficile creare occasioni per cui una persona possa man­giare o bere qualcosa preparato allo scopo.

Una persona che faceva "manovalan­za" per un mago, poi convertitasi, mi ha raccontato di una delle pratiche che ha vi­sto fare in laboratorio.

Dalla donna che voleva ottenere un le­game d'amore con un uomo, si faceva por­tare il sangue delle mestruazioni.

Lo essiccava e lo fatturava, quindi lo scioglieva in acqua e il liquido veniva ini­ettato con la siringa dentro i cioccolatini che all'interno hanno la parte molle o con­tengono liquori; poi in qualche modo fini­vano per essere offerti all'uomo.

Questa testimonianza è sicura.

Se però non trovano un modo naturale di farli abboccare all'amo, agiscono in mo­do preternaturale per mezzo di spiriti come ordinariamen­te fanno con la roba che si trova dentro i cuscini.

L'oggetto nello stomaco agisce ininterrottamente 24 ore su 24, i sintomi che pos­sono svelarne la presenza so­no principalmente:

- difficile digestione, senso di pieno allo stomaco per cui si pensa di non dover mangiare, a volte anche diffi­coltà o ripugnanza a ingerire cibi (anoressia), dolori e pe­santezza, conati di vomito ri­petuti e anche violenti a se­guito dei quali spesso non esce niente, se non un po' di saliva, altre volte escono co­se strane: questo è segno po­sitivo di liberazione;

- riflessi negativi sul fun­zionamento dell'intestino provocati dall'a­zione devastante sulla digestione;

- un sintomo particolare, che può sembrare un po' strano, è un'ondata di 
an­goscia che parte dallo sterno e sale fino al­la gola e alla testa.

Sono molti i pazienti che avvertono momenti di pessimismo più nero, che 
ge­nerano attimi di supremo sconforto, ab­biano origine proprio da qualcosa che par­te dallo stomaco e arriva alla testa per via esterna.

In questi casi oltre all'uso di bere acqua santa e di condire i cibi con olio e sale be­nedetti, giovano anche il mangiare poco e con frequenza e l'uso moderato di farmaci che aiutano la digestione.

Ritorna sempre la domanda di come sia possibile, nel continuo passare del cibo nello stomaco, che queste piccole parti­celle malefiche rimangano per anni e anni ferme nello stomaco.

Un film sulle apparizioni di Lourdes, che ha avuto un gran successo qualche an­no fa, si apriva con la solenne affermazio­ne: "Per coloro che credono tutto è possi­bile, per coloro che non credono nessuna spiegazione è sufficiente".

Cosi è: per chi crede a queste cose, an­che per questo fatto è possibile una spiega­zione. Se si pensa che queste particelle di cibo ingerite sprigionano potenzialità ne­gative ininterrottamente 24 ore su 24 come si è detto, si può anche comprendere che parte di questa energia venga utilizzata perché il materiale resti posizionato là do­ve si trova, mentre l'altro cibo, finita la 
di­gestione, passa all'intestino.

Quando l'azione potente della presenza dello Spirito Santo, nella vita del credente che fa un sincero cammino di Fede, ridurrà gradualmente la potenza malefica di que­ste particelle, esse non avranno più nep­pure la forza per rimanere nello stomaco e usciranno per via intestinale come gli altri cibi.

Il mondo dell'occulto è come l'elettro­nica: chi non ne conosce i punti base come i bit, i chips, gli input, non potrà mai spie­garsi la multiforme operatività di aggeggi così piccoli.

Il mondo dell'occulto ha alcune realtà fondamentali; una volta comprese e accet­tate, si spiega tutto.

Per coloro che invece negano tutto a priori e in blocco, con la frasetta degna del­le intelligenze più elevate: "Ma che sono queste cretinate!", nessuna spiegazione è sufficiente. 
Pastori della Chiesa e laicisti illuminati, copritevi sempre dietro tale es­pressione: la beatitudine accordata agli ignoranti sarà sempre con voi.

Terzo sintomo: avversione al sacro

Una volta accettato il principio esposto sopra, che soltanto una barriera religiosa può contrastare il male con tutte le sue sva­riate manifestazioni, resta evidente che satana farà di tutto perché la persona che vuol colpire si allontani gradualmente da ogni pratica religiosa, sia individuale che collettiva.

Questo è il terzo dei tre segni fonda­mentali per giudicare se si è colpiti da 
azi­oni malefiche; è di grande importanza per­ché fa comprendere più a fondo come la reale via di liberazione non passa attraver­so iniziative esterne alla persona, ricercate negli operatori della magia o anche nei mi­nistri della Chiesa.

Cercare affannosamente una mano san­ta, che dall'esterno tolga questo male, è normalmente l'impegno principale di chi si sente colpito da fenomeni preternaturali.

Ho letto da un esposto esteso da un esorcista francese, che il fatto che lo aveva maggiormente sorpreso era che, tra le tan­te persone che aveva ricevuto, non ce n'era stata una sola che fosse arrivata da lui col pensiero di dover fare lei stessa qualcosa per essere liberata. Tutti avevano la preci­sa sensazione che dovevano trovare qual­cuno che avesse il potere di spazzare via il male allo stesso modo con cui il dentista strappa via il dente malato. E così anche in Italia.

È importante perciò che in presenza di questi disturbi, il paziente scopra che ha subìto una sottile ma sistematica difficoltà nell'incontro con Dio.

Comincerà allora a rendersi conto che soltanto con un graduale ritorno alla prati­ca religiosa potrà raggiungere la libera­zione.

"Da quanto tempo hai incominciato ad avvertire questi fenomeni strani?".

"Da quanto tempo hai incominciato a distaccarti dalla pratica religiosa?". 

Sono queste le due domande che rivol­go successivamente alle persone con cui tratto, per aiutarle a convincersi di questa realtà. Cercando di ricostruire l'inizio dei mali e quello del distacco dalla religione, scoprono con sorpresa che coincidono e comprendono il significato di questa coin­cidenza. Capire poi che la ripresa della vita religiosa sia la via migliore per difendersi, scaturisce come conseguenza logica.

Esaminiamo ora nei particolari i prin­cipali aspetti dell'avversione al sacro:

- distacco graduale per chi in qualche modo è praticante. Si incomincia spesso con pensieri vaghi sulla Fede: forse non è vero niente, se Dio è Amore perché c'è tan­to male, a che serve pregare e andare in Chiesa...

- mille motivi si sommano gradual­mente per non far trovare più il tempo per pregare personalmente o per andare in Chiesa;

- come ci si mette a pregare, la testa parte. Si stabilisce, per esempio, alla sera, prima di andare a letto, di recitare alcune preghiere tra le più comuni. Si inizia, ma dopo un po' ci si accorge che la mente se ne è andata altrove, le preghiere stabilite non sono state dette perché, come un colpo di spugna porta via lo scritto dalla lavagna, così qualcosa di invisibile ha cancellato il programma fissato;

- disagio a stare in Chiesa e a parteci­pare comunque a preghiere comunitarie. Dato che la preghiera fatta insieme ad altri è sempre più efficace, è anche perciò la più ostacolata. Stando insieme in Chiesa per le celebrazioni liturgiche si possono sentire sensazioni di stanchezza, di nausea, di confusione mentale, di svenimento.

Sentiamo spesso dire ai pazienti: "Io in Chiesa non è propriamente che non ci va­do, ma non mi sento di stare con gli altri, preferisco perciò intrattenermi un po' quando non c'è nessuno".

- La stessa difficoltà si trova per le partecipazioni alle preghiere nei gruppi ecclesiali. La prima volta che le persone vengono da me, se avverto che c'è veramente qualcosa di malefico, chiedo l'impegno a partecipare a qualcuna delle diverse riunioni di preghiera che facciamo per queste situazioni.

L'adesione in genere c'è, ed è anche sincera, in vista di una possibile guarigione. Ma le metto subito in guardia, specialmente quando il caso ha una certa gravità: "Stai attento che da solo, almeno le prime volte, non ce la farai a venire; perciò accordati con qualche persona di famiglia qualche conoscente per venire insieme".

Anche il rapporto con il Sacerdote esorcista non è bene che sia tenuto completamente segreto; senza l'aiuto di qualche familiare o di qualche persona amica il cammino per un avvicinamento maggiore a Dio sarà stroncato da satana fin dall'inizio, in mille maniere diverse.

Sono quattro i sintomi principali che disturbano la preghiera in questi casi: 
1) la mente non riesce a concentrarsi per via di continue distrazioni; 
2) una strana voglia di sbadigliare senza interruzione; 
3) il bisogno di ridere, di ridere tanto; 
4) una sonnolenza profonda che non si riesce a vincere.

Una volta cercavo di liberare con l'esorcismo una signora colpita da un maleficio. Nonostante fosse molto religiosa seria e tanto desiderosa di guarigione, non riusciva a trattenersi dal ridermi forte in faccia e se ne scusava con me provando tanta angoscia.

Ma noi che siamo del mestiere sappiamo, anche attraverso gli indemoniati, che quello di riderci in faccia è uno degli atteggiamenti più comuni degli spiriti del male. Testoni proprio questi diavoli!

Nonostante tutte le legnate che hanno ricevuto in duemila anni da Sacerdoti e il Signore Gesù, non hanno ancora imparato il proverbio che dice: "Ride bene chi ride per ultimo". La Madonna vince sempre.

Don Raul Salvucci
 - esorcista


Buona giornata a tutti. :-)


martedì 26 giugno 2018

L’ Eternità – Don Bruno Ferrero

C'era una volta un monaco che conduceva una vita serena e tranquilla. 
Una sola inquietudine lo tormentava. 
Aveva paura dell'eternità. 
Gli eletti in Paradiso cantano le lodi di Dio come fanno i monaci. 
Un conto è farlo per un po' di tempo. Ma per l'eternità! Per felici che si possa essere alla presenza di Dio, dopo qualche milione d'anni chissà che noia...

Un giorno di primavera, se ne andò secondo la sua abitudine a passeggiare nel bosco che circondava il monastero. 
L'aria era viva e leggera, profumata di erba e di fiori.
Il monaco sospirò pensando al suo problema. 
Sopra la sua testa un usignolo cominciò a cantare. Un canto così puro, modulato, melodioso che il monaco dimenticò i suoi pensieri per ascoltarlo. Non aveva mai sentito niente di più bello. Per un istante ascoltò estasiato.

Poi pensò che era ora di raggiungere il coro per la preghiera e si affrettò. Stranamente avevano sostituito il frate portinaio con uno che non conosceva. Passò un altro monaco e poi un altro che non aveva mai visto. "Che cosa desidera?" gli chiese il portinaio.
Vagamente irritato, il nostro monaco rispose che voleva soltanto entrare per non essere in ritardo. L'altro non capiva. Il monaco protestò e chiese con veemenza di vedere l'abate. Ma anche l'abate era uno sconosciuto e il povero monaco fu preso dalla paura. 
Balbettando un po', spiegò che era uscito dal monastero per una breve passeggiata e che si era attardato un attimo ad ascoltare il canto di un usignolo, ma che si era affrettato a rientrare per l'ufficio pomeridiano. 
L'abate lo ascoltava in silenzio.
"Cento anni fa", disse alla fine, "un monaco di questa abbazia, proprio in questa stagione e in quest'ora, è uscito dal monastero. Non è più ritornato e nessuno l'ha più rivisto".
Allora il monaco capì che Dio l'aveva esaudito. Se cento anni gli erano parsi un istante nello stato d'estasi in cui l'aveva rapito il canto dell'usignolo, l'eternità non era che un istante nell'estasi in Dio.

Un profeta importunava Dio continuamente: "Perché non fai questo? Perché non sistemi quello? Vuoi che le cose continuino così? Avanti intervieni! Presto, non tardare! Che sarà del mondo se va avanti di questo passo?".
Finalmente Dio gli parlò.
"Perché te la prendi tanto?" gli disse: 
"Lascia passare questi trentacinquemila anni e poi vedremo...".

Il tempo di Dio non è il tempo degli uomini.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte: Il segreto dei pesci rossi


Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 22 giugno 2018

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño

Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.
Lo condussero in catene al palazzo. Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 
Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".
Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e le crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. 
In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. 
Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. 
Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.
Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 
Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".
Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

- Jairo Aníbal Niño - 
Fonte:  "Preguntario", 1998



Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 21 giugno 2018

Atto di consacrazione a San Luigi Gonzaga

 O angelico S. Luigi,
noi ci affidiamo oggi alla vostra protezione
e vi eleggiamo per nostro speciale protettore
ed avvocato presso Dio.
Prostrati ai vostri piedi risolviamo fermamente
di adoperarci con tutte le nostre forze per onorarvi ed imitarvi.
Da oggi innanzi,
noi vogliamo far aperta professione di essere totalmente vostri,
di camminare sulle vostre tracce,
di imitare le vostre virtù,
e specialmente la vostra angelica purità,
la vostra profonda umiltà,
la vostra perfetta ubbidienza e la vostra carità incomparabile.
Tanto promettiamo solennemente a pie' del vostro altare
in presenza di tutta la Corte Celeste.
Voi però, o gran Santo,
otteneteci la grazia di essere fedeli a questa promessa
per tutta la nostra vita onde poterci meritare la gloria eterna.
Così sia.



Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 18 giugno 2018

A coloro che si sentono falliti - don Tonino Bello

Questa lettera la scrivo un po' anche a me. Sono convinto, infatti, che tutti nella vita ci siamo portati dentro un sogno, che poi all'alba abbiamo visto svanire...
Io, per esempio, mi figuravo una splendida carriera. 
Volevo diventare santo. Cullavo l'idea di passare l'esistenza tra i poveri in terre lontane, aiutando la gente a vivere meglio, annunciando il Vangelo senza sconti, e testimoniando coraggiosamente il Signore Risorto. 
Ora capisco che in questo sogno eroico forse c'entrava più l'amore verso me stesso che l'amore verso Gesù. 
Comprendo, insomma, che in quegli slanci lontani della mia giovinezza la voglia di emergere prevaleva sul bisogno di lasciarmi sommergere dalla tenerezza di Dio.
E' il difetto di quasi tutti i sogni irrealizzati: quello di partire con un certo tasso di orgoglio. E il mio non ne era indenne. 
Ciò non toglie, però, ritrovandomi oggi in fatto di santità neppure ai livelli del mezzobusto, mi senta nell'anima una grande amarezza. 
I destinatari, comunque, di questa lettera non sono coloro che, come me, sperimentano le delusioni dei sogni e il pianterreno prosaico delle piccole conquiste. Ma sono tutti quelli che non ce l'hanno fatta a raggiungere neppure gli standard sui quali "normalmente" scorre una esistenza che voglia dirsi realizzata.
Amerigo, per esempio, che ha faticato tanto per laurearsi in medicina e, immediatamente dopo la specializzazione, ha dovuto accantonare ogni progetto di "brillante carriera" per un distacco irreversibile della retina.
Ugo, ragazzo prodigio fino alla maturità classica che si è insabbiato nelle secche degli esami universitari, e non è più riuscito a districarsene. 
Oggi ha quarant'anni, e sua moglie, ad ogni lite, gli rinfaccia il fallimento di essersi ridotto a fare il fattorino presso lo studio di un avvocato.
Marcella, a cui tutti profetizzavano un futuro carico di successi, e che dopo i corsi di perfezionamento in pianoforte all'Accademia Chigiana di Siena ha avuto decine di occasioni per affermarsi. Ha rifiutato tanti partiti, uno meglio dell'altro. Alla fine si è messa con un uomo divorziato che è fallito, e ha dovuto vendersi il pianoforte a coda che le aveva comprato suo padre.
Lucia che straripava di entusiasmo, e voleva diventare missionaria. In primavera sfogliava le margherite per leggervi presagi di felicità, ma poi non è partita perché i suoi l'hanno ostacolata. Ora margherite non ne sfoglia più, ed è finita a fare la commessa in un negozio di articoli da regalo.
Ecco, a tutti voi che avete la bocca amara per le disillusioni della vita voglio rivolgermi, non per darvi conforto col balsamo delle buone parole, ma per farvi prendere coscienza di quanto siete omogenei alla storia della salvezza. 
A voi che, cammin facendo, avete visto sfiorire a uno a uno gli ideali accarezzati in gioventù. 
A voi che avete meritato ben altro, ma non avete avuto fortuna, e siete rimasti al palo. 
A voi che non avete trovato mai spazio, e siete usciti da ogni graduatoria, e vi vedete scavalcati da tutti. 
A voi che una malattia, o una tragedia morale, o un incidente improvviso, o uno svincolo delicato dell'esistenza, hanno fatto dirottare imprevedibilmente sui binari morti dell'amarezza. 
A voi che il confronto con la sorte felice toccata a tanti compagni di viaggio rende più mesti, pur senza ombra di invidia.
A tutti voi voglio dire: volgete lo sguardo a Colui che hanno trafitto!
La riuscita di una esistenza non si calcola con i fixing di Borsa. E i successi che contano non si misurano con l'applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle.
Da quando l'Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sui naufragi in cui annegano i sogni. Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla Croce, nella simbologia dell'impotenza, che non con le mani stese sui malati, nell'atto del prodigio, vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno, che se n'è volata via senza realizzarsi, a dare ai ruderi della nostra vita, come per certe statue monche dell'antichità, il pregio della riuscita.
Non voglio sommergervi di consolazioni. Voglio solo immergervi nel mistero. Nella cui ottica una volta entrati, vi accorgerete che gli stralci inespressi della vostra esistenza concepita alla grande, le schegge amputate dei vostri progetti iniziali, le inversioni di marcia sulle vostre carreggiate mai divenute carriere, non soltanto inutili, ma costituiscono il fondo di quella Cassa deposito e prestiti che alimenta ancora oggi l'economia della salvezza.
A nome di tutti coloro che ne beneficiano vi dico grazie!

Vostro don Tonino Bello


Buona giornata a tutti. :-)





sabato 16 giugno 2018

Il cucchiaino - don Bruno Ferrero

Una vecchietta serena, sul letto d'ospedale, parlava con il parroco che era venuto a visitarla.
"Il Signore mi ha donato una vita bellissima. Sono pronta a partire".

"Lo so" mormorò il parroco.
"C'è una cosa che desidero. Quando mi seppelliranno voglio avere un cucchiaino in mano".
"Un cucchiaino?". Il buon parroco si mostrò autenticamente sorpreso. "Perché vuoi essere sepolta con un cucchiaino in mano?".
"Mi è sempre piaciuto partecipare ai pranzi e alla cene delle feste in parrocchia. Quando arrivavo al mio posto guardavo subito se c'era il cucchiaino vicino al piatto. Sa che cosa voleva dire? Che alla fine sarebbero arrivati il dolce o il gelato".
"E allora?".
"Significava che il meglio arrivava alla fine! E proprio questo che voglio dire al mio funerale. Quando passeranno vicino alla mia bara si chiederanno: Perché quel cucchiaino?. Voglio che lei risponda che io ho il cucchiaino perché sta arrivando il meglio".

Un medico era assillato da un paziente che aveva una gran paura di morire.
"Come sarà quel momento, dottore? Che mi succederà?".
Il dottore apri la porta della stanza per andarsene e il cagnolino del malato entrò di gran carriera. Abbaiando e scodinzolando di gioia, saltò sul letto e sommerse mani e volto del padrone di leccatine affettuose.
Il dottore disse: "Sarà proprio così. Qualcuno aprirà la porta e...

(don Bruno Ferrero)
fonte: Il Segreto dei Pesci Rossi di Bruno Ferrero
Casa Editrice: ElleDiCi


Buona giornata a tutti. :-)